Bloccare la pornografia infantile è obiettivo condiviso da tutti, ma i mezzi per raggiungere lo scopo sono il principale ostacolo sulla via della messa in opera delle iniziative legislative in programma. Il dibattito torna in auge nel momento in cui in Pennsylvania si chiede agli ISP di bloccare siti non regolari: tecnicamente la soluzione è praticabile, ma solo con gravi problemi collaterali quali l’oscuramento di altri siti regolari e privi di alcun legame con le pagine incriminate.
La difficoltà denunciata dagli ISP si concentra sul numero IP: sotto lo stesso numero possono esserci centinaia di siti, e bloccarne uno irregolare a danno degli altri non costituisce una soluzione proponibile. La tecnologia per risolvere il problema esiste ed è reperibile, ma il problema è relativo ai costi di acquisizione: 25.000 dollari ogni 10.000 clienti circa, somme imponderabili per la regolare attività degli Internet Service Provider.
Secondo John Burfet Jr, membro della American Civil Liberties Union (entità che porta avanti l’iniziativa di ostruzionismo nei confronti di siti contenenti pornografia infantile), nessuno vuole “entrare nel merito delle modalità usate dagli ISP” per il blocco dei siti additati: “se gli ISP potranno dimostrarci che il sito è inaccessibile, noi saremo soddisfatti”.