L’innovazione non è in un prodotto, ma in un processo. Anzi, più a monte ancora, è in uno stato mentale, una predisposizione, un atteggiamento. Tutto poi viene di conseguenza: il modo in cui ci si pone di fronte a un problema è pertanto parte sostanziale del percorso di risoluzione, mentre il resto viene a cascata come semplice prosecuzione di un’opera iniziata come idea e proseguita come progetto.
Se si vuol spiegare l’innovazione in Italia bisogna forse partire dal linguaggio che più di ogni altro ci accomuna: il gioco del calcio. Bisogna scalciare la tentazione di pensare al pallone come denigrazione della logica e, piuttosto, pensarlo come esaltazione mentale laddove la tracotanza fisica non ha più motivo d’essere. Dove sta l’essenza dell’innovazione mentre i Mondiali 2014 girano sulle tv di tutto il paese? Sta nello stato creativo, nell’idea, e tutto il resto viene di conseguenza. Come in un calcio di punizione. Come in questo calcio di punizione:
La punizione di Andrea Pirlo
Sta tutto scritto nelle leggi della fisica. Per capire la traiettoria impressa al pallone da Andrea Pirlo, occorre affondare le mani nella teoria del moto e nel movimento dei fluidi, poiché tutto è insito in una sfera in rotazione che attraversa un fluido rarefatto quale l’aria. Tutto influisce in questo processo: la superficie del pallone, l’altitudine del campo di gioco, la velocità del corpo in movimento e molte altre variabili. Ma c’è qualcosa che incide più di ogni altro aspetto: il corpo che colpisce la sfera, imprimendo l’accelerazione decisiva disegnando a priori la parabola che verrà.
Per i puristi, la parabola è frutto algoritmico di una sommatoria di due forze: la traslazione del pallone verso la porta e il momento angolare rispetto al baricentro del pallone. Il tutto è regolato dal cosiddetto “Effetto Magnus“, così detto a seguito degli studi dedicati di Heinrich Gustav Magnus. La parabola disegnata da Andrea Pirlo il 14 giugno 2014, insomma, era prevedibile fin dalla metà del 1800. Eppure ha saputo stupire tutti, lasciando a bocca aperta i tifosi di tutto il mondo.
Il moto rotatorio della sfera ha la meglio sulla direzione della parabola soltanto nel momento in cui il pallone decelera al punto da consentire al momento angolare di sprigionare il proprio effetto. L’accelerazione della palla disegna quindi inizialmente una parabola di piccola curvatura, ma poi cede al cospetto di rotazione, attrito e gravità: queste tre forze sono il valore aggiunto (calcolato) della punizione di Andrea Pirlo, la quale si direziona in un angolo della porta quanto basta per ingannare tutti; poi cambia angolo e vola verso la direzione opposta, finendo nel caso specifico contro la traversa.
Come è stata calciata
Se la fisica e gli algoritmi possono ben spiegare la natura della traiettoria del pallone, l’origine è invece in qualcosa di molto più artigianale, artistico ed umano: la gamba del calciatore. Per capire il motivo per cui la parabola è stata così strana e stupefacente, occorre anzitutto guardare al movimento innaturale della gamba di Pirlo, ignorando per un attimo il pallone.
Si potrà notare l’incredibile rotazione impressa: quando la palla stava ormai sorvolando la barriera, la gamba destra di Pirlo aveva raggiunto la fine del proprio percorso posizionandosi sul fianco sinistro del ginocchio sinistro. Cosa del tutto inusuale, oltre che ovviamente innaturale:
L’immagine è emblematica: il pallone, colpito con il collo del piede per imprimere la giusta violenza, è però stato colpito con moto rotatorio verso sinistra, così che il pallone potesse ruotare verso destra. Quando la sfera ha oltrepassato la barriera al di sopra del secondo uomo, qualunque portiere si sarebbe dovuto lanciare verso il primo palo, e così ha fatto l’estremo difensore inglese Hart. In questo caso, però, il calcio non era avvenuto con l’interno del piede (dunque con rotazione della sfera tale da disegnare una parabola verso sinistra), ma con effetto contrario. Quando il portiere arriva a percepire la cosa, ormai è tardi: soltanto la traversa ha potuto togliere gloria alla pennellata dell’artista.
L’innovazione è un calcio
Da quando il gioco del calcio è stato inventato, milioni e milioni di punizioni sono già state calciate. Alcune in curva, alcune in porta, molte con un effetto di cui Maradona era maestro. Nessuna, però, aveva seguito la traiettoria che Pirlo ha saputo imprimere. Dopo milioni di calci di punizione e milioni di calciatori impegnati in questo complicato gesto tecnico, insomma, qualcuno ha saputo inventare ancora qualcosa di nuovo. Così come Ronaldo con il suo doppio passo, così come Zidane quando “danzava” con la suola sul pallone, laddove l’omologazione rende uguali gli interpreti, sono i veri artisti a inventare qualcosa di nuovo per regalare emozioni nuove e differenti.
La punizione di Pirlo, parlando la lingua che la maggior degli italiani mastica meglio, è forse il miglior insegnamento di innovazione che possa esserci. Perché dimostra a un popolo intero che il destino è sì scritto negli algoritmi e nelle leggi naturali, ma lo si può comunque interpretare a piacimento partendo dal proprio atteggiamento. Si può imitare, e ci si può omologare, e facendo ciò si può anche vincere in molti casi. Si parte da regole comuni e democratiche, le stesse che regolano la terra e la società da millenni, il che mette sempre tutti sullo stesso piano. Ma se si vuol essere davvero originali, e davvero grandi, occorre cercare dentro di sé la giusta posizione, il giusto moto e la giusta tecnica.
Non è detto che le cose si possano fare in un modo solo. Non importa quanto il tempo abbia sedimentato abitudini e processi: migliorare si può sempre e comunque, lasciando in certi casi anche a bocca aperta. Non ci si arriva improvvisamente: è questione di atteggiamento e allenamenti, creatività e applicazione, genio e abnegazione. La punizione di Pirlo lo dimostra. L’essenza dell’innovazione è in quel calcio, in quella punizione, in quella parabola, in quell’atteggiamento: siamo artefici del nostro destino, ma è solo innovando che possiamo essere davvero protagonisti di quel che verrà. Tutto il resto è fatalità, superstizione, inerzia e caos.