Le tecnologie di sorveglianza delle comunicazioni progrediscono, mentre le leggi no. Questo in sintesi il problema di cui ha discusso a Ginevra una grande coalizione di associazioni e organizzazioni che si occupano della libertà e della democrazia nell’ottica della Rete, e che ha prodotto i principi che dovrebbero guidare le nazioni per salvaguardare la privacy dei loro cittadini.
A Ginevra si sono riuniti alcuni fra i nomi più spesso citati in questi drammatici mesi dallo scoppio dello scandalo della NSA, come la Electronic Frontier Foundation e Human Right Watch, che hanno criticato pesantamente l’amministrazione americana e fanno pressioni perché non si spenga l’attenzione verso questo problema. Per l’Italia c’era il Centro Hermes, che ha evidenziato insieme agli altri quanto sia ormai urgente rivedere le regole e scriverne di nuove per frapporsi all’interferenza delle politiche di sicurezza nella vita privata delle persone.
Al convegno hanno partecipato Navi Pillay, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione e di opinione, Frank LaRue. Il primo ha perfettamente identificato l’obiettivo:
I progressi tecnologici sono stati potenti strumenti per la democrazia, dando a tutti una maggiore possibilità di prendere parte in maniera attiva alla società, tuttavia il crescente utilizzo del data mining da parte delle agenzie di intelligence sfoca la linea di demarcazione tra la sorveglianza legittima e la sorveglianza di massa arbitraria.
Sfoca è ancora un verbo molto diplomatico: in realtà il caso Datagate mostra che questa linea è stata superata di slancio. La NSA – probabilmente non solo lei – è troppo ingolosita da tutti questi dati per rinunciarvi, solleticata dal poter analizzare grandi quantità di informazioni di diversa origine, protetta dai tribunali americani e dalla legge, e anche in qualche modo senza sensi di colpa pensando allo scopo di questa attività e al fatto che una volta analizzati vengono distrutti dopo alcuni mesi.
Tuttavia, la questione è un’altra: la privacy è un diritto fondamentale dell’uomo e va iscritto dentro gli eventuali nuovi scenari tecnologici. Per avere un quadro teorico e pratico della situazione vale la pena leggere il manifesto della campagna Necessary and proportionate che illustra in modo chiaro i princìpi internazionali in materia di applicazione dei diritti umani alla sorveglianza delle comunicazioni ed esplicita i 13 princìpi che la coalizione vuole portare all’attenzione delle Nazioni Unite e che potrebbero davvero costituire la base di un nuovo rapporto di fiducia tra gli utenti dei servizi online e le agenzie governative:
- Legalità
- Scopo legittimo
- Necessità
- Adeguatezza
- Proporzionalità
- Autorità giudiziaria competente
- Certezza del diritto
- Notifica all’utente
- Trasparenza
- Controllo pubblico
- Integrità dei controlli e dei sistemi
- Tutele per le coooperazioni internazionali
- Tutele contro l’accesso illeggittimo