Ad un anno dalla sua fondazione, per Italia Startup è arrivato il momento di un’assemblea dei soci che faccia un bilancio dell’attività e guardi all’ecosistema delle startup italiane con una prospettiva di nuovo impegno. Ma a questa riunione per i soci, si accompagnerà anche un incontro, aperto a tutti, sullo sviluppo delle nuove imprese innovative, nello specifico del caso di Milano.
Città con più startup in Italia con 78 nuove imprese innovative al momento registrate presso la Camera di Commercio, Milano ospiterà il 27 maggio alle 15 nella sala Consiglio dell’edificio 26B di Via Lambruschini 4b del Politecnico la prima assemblea annuale dell’associazione. Terminata l’assemblea dei soci alle 17, Renato Galliano e Roberto Calugi, responsabili dei progetti sulle startup rispettivamente del Comune e della Camera di Commercio di Milano modereranno l’incontro “Sviluppo delle startup e sviluppo dei territori: il caso Milano”.
Il programma
Per discutere dei diversi aspetti del settore, le iniziative, i progetti a sostegno, le cifre e le prospettive, si troveranno insieme: Andrea Rangone, consigliere di Italia Startup, coordinatore del progetto “Startup boosting” del Politecnico di Milano e Delegato del Rettore del Politecnico di Milano per l’incubatore PoliHub; Federico Barilli, segretario generale di Italia Startup,
Renato Galliano, Direttore Settore Innovazione Economica, Smart City e Università del Comune di Milano, Roberto Calugi, dirigente area Competitività delle Imprese presso la Camera di Commercio di Milano e il presidente di Italia Startup, Riccardo Donadon, firmatario qualche giorno fa di un appello al governo, che esporrà una relazione dal titolo inequivocabile: “L’Italia ha le carte in regola per diventare una “startup nation?”.
Una startup nation? Mancano molte cose
Lo si è già detto, pur dolorosamente: l’Italia non è al passo degli altri paesi. In questo momento le sue debolezze infrastrutturali pesano ancora troppo rispetto al regime di vantaggio ideato dall’ex ministro Passera e incluso nel cosiddetto decreto 2.0. Quella di Donadon è perciò una domanda giusta, che nel caso del convegno ha una sensibilità interessante: il rapporto dei territori con lo sviluppo innovativo. Quei distretti tecnologici, arricchiti da Università, Camere, municipi, incubatori, associazioni, che possono in qualche surrogare l’assenza di una forte politica centrale di sostegno all’agenda digitale.
Resta però fondamentale la visione politica, perché nessun territorio può alleggerire la burocrazia e alimentare circoli economici quanto lo Stato.