Italia Startup: le opportunità del Decreto 2.0

Italia Startup presenta il suo progetto e si confronta in una conferenza sull’Italia del Decreto Crescita.
Italia Startup: le opportunità del Decreto 2.0
Italia Startup presenta il suo progetto e si confronta in una conferenza sull’Italia del Decreto Crescita.

Le opportunità del decreto 2.0 del governo per le startup. Questo è stato lo scenario protagonista della conferenza stampa presso la Sala Buzzati a Milano organizzata da Italia Startup. Un incontro tenutosi a margine della prima assemblea ordinaria dell’associazione, che ha approfittato dell’occasione per presentarsi, parlare delle sue strategie di azione e confrontarsi. Durante i lavori, introdotti da Federico Barilli, segretario generale Italia Startup, sono intervenuti il presidente Riccardo Donadon, Alessandro Fusacchia (consigliere del ministro Corrado Passera) e il chief digital officer di Rcs Mediagroup Alceo Rapagna.

Una prima assoluta per questa realtà, che di recente ha aggiornato il suo sito italiastartup.it per spiegare il progetto. Il debutto di un’associazione che ha ratificato il lavoro degli ultimi sei mesi, orientato a dare corpo agli obiettivi del Decreto Crescita, testo che contiene provvedimenti importanti per lo sviluppo delle nuove imprese. Il presidente Donadon ha spiegato le finalità di questo movimento di innovazione, mentre si alimentava il flusso della discussione anche sull’hashtag #isconf:

Il nostro principio è quello di coagulare le iniziative volte a stimolare la ripartenza economica del paese tramite le startup, diffondendo la cultura dell’intraprendere. Vogliamo valorizzare i giovani, avvicinandoli alle aziende industriali che in questo momento vivono una tempesta perfetta causata dalla crisi generazionale. Per noi è stato fondativo il momento organizzato da Passera a cui abbiamo contribuito per Restart Italia e infine il decreto di quest’autunno.

Italia Startup è dunque un’associazione di natura libera, ma istituzionale, che spinge per creare una voce unica rivolta al mondo delle nuove imprese, nell’ottica delle relazioni con l’industria tradizionale e la politica. Quindi non fornisce servizi, come un’associazione classicamente intesa (anche se ovviamente è prevista l’iscrizione, a tutti e senza limiti d’età) bensì fornisce chance per sfruttare le azioni previste: mappature (878 quelle attualmente registrate), formazione, campagne di promozione.

Una struttura molto diversa dall’acceleratore di startup ideato da Vodafone con Xone, che ha elementi di selezione competitiva legati già al mercato. È piuttosto un role model per i nuovi imprenditori italiani con qualche buona idea.

Alessandro Fusacchia, l’ospite più interrogato, ha evidenziato che associazioni e incubatori sono indispensabili per ottenere risultati:

Il decreto non servirà a nulla senza l’impegno della società. Stabilite le regole del gioco, questa cosa funziona solo se le imprese si mettono in gioco. L’idea del modello mi piace molto, non esistono solo Zuckerberg e Jobs: in Italia abbiamo moltissimi esempi positivi e raccontarli sarebbe davvero utile per far capire a un ragazzo che può desiderare di diventare quel tipo di imprenditore tra dieci anni.

Italia Startup conferenza

La conferenza stampa in sala Buzzati di Italia Startup, trasmessa anche in streaming.

Tra i molti temi, anche quello – forse inaspettato – della scuola, terreno abbastanza inesplorato perché l’imprenditorialità è materia totalmente ignorata dalla scuola dell’obbligo e persino all’università. Alle prese con un’autonomia senza risorse e con problemi legati ai ricercatori, per il governo è stato arduo trovare interlocutori nella scuola che fossero interessati a una proposta accattivante: creare contamination lab, all’americana. Luoghi dove si incontrino studenti di discipline diverse, per creare pre-incubatori già dai banchi di scuola.

Ma dalla voce di Fusacchia è arrivata anche una buona notizia sui tempi di approvazione del decreto:

Gli articoli 25-32 del decreto, quelli legati alle startup, sono messi bene, nonostante gli emendamenti che comunque non comportano problemi all’impianto. Siamo riusciti a far arrivare molti contributi incoraggianti sulla definizione dei criteri. Molte critiche sono arrivate su questi criteri, ma non è stato chiarito che sono criteri alternativi, sia per i budget che per i titoli di studio. Nelle nostre raccomandazioni abbiamo accolto gli emendamenti che specificano le spese di ricerca e innovazione, non abbiamo certo intenzione di fare tutto questo per lasciare fuori l’80% delle startup. Per noi la morale, molto spiccia, è che è meglio una pizzeria che non ci deve stare che una startup meritevole esclusa. Ovviamente però l’ambito startup è particolare, per questo andava perimetrato. Riteniamo che dopo aver valutato l’impatto del decreto sulle startup, potremo sistemare i criteri oppure applicarli in parte a tutte le altre aziende, almeno per quanto riguarda la semplificazione.

Molte le questioni emerse dal dibattito, in particolare la definizione di startup, che statisticamente potrebbe escludere molte delle attuali piccole società, oppure il vantaggio fiscale per gli angel investor. Il primo punto: il periodo transitorio (quattro anni) è immodificabile, perché era doveroso mettere uno sbarramento cronologico che fosse lungo quanto il periodo stesso. Invece eventuali modifiche sulla composizione dei soci potrebbero allargare le maglie e permettere l’ingresso di altre startup oggi escluse. Sugli investor che hanno creduto in startup che poi è uscita dai confini nazionali non sono previste, invece, desficalizzazioni, essendo un decreto molto improntato alla crescita occupazionale interna.

Altro argomento delicato: la certificazione necessaria per gli incubatori. Anche in questo caso è giunta qualche rassicurazione. Il provvedimento dovrebbe arrivare ai limiti dello scioglimento delle Camere (18 dicembre a cui seguono i 60 giorni) per questo è importante mandare a startup@mise.gov.it la migliore documentazione possibile. Molti si pongono il problema della costituzione di società di capitali (ad esempio alcuni incubatori sono fondazioni), ma non è detto sia obbligatorio:

La filosofia del governo è quella di prescindere il più possibile dalle formule giuridiche, ma nello stesso tempo non definire incubatori certificati coloro che lo hanno fatto solo per sbaglio o per poco tempo. Un equilibrio incentrato sul track record e non sulla forma.

Alceo Rapagna, da padrone di casa, ha sottolineato il ruolo del suo gruppo editoriale per diffondere l’idea che non ci siano alternative allo stimolo delle startup per la ripresa economica:

Tutte le aziende tradizionali hanno ad oggi tre disperati bisogni: integrare le startup per importare agenti di cambiamento, dato che fanno fatica a cambiare dall’interno; trattenere i nuovi talenti e se non ci riescono almeno le idee; fare di queste idee la propria mission. Qui mi rifaccio a quello che detto Bertoluzzo di Xone: lavorare con una grande azienda in fase iniziale serve certamente per fare l’affinamento del concept di un prodotto, e poi ci sono asset molto concreti come distribuzione e promozione, che sono inarrivabili per le piccole società innovative. Italia Startup serve a evitare di minimizzare il rapporto tra startup e industria.

Il confronto ha fatto emergere una realtà di enorme complessità alle prese con scadenze estremamente ristrette, di poche settimane, dopo le quali ogni altro ambito eventualmente lasciato aperto dovrà essere demandato al futuro governo. Che è sempre una incognita. Dato che è molto probabile che il decreto startup riuscirà a diventare legge mentre per altre cose ad esso collegato non si sarà il tempo materiale – come le certificazioni, gli strumenti di monitoraggio, l’uso dei fondi – si può già affermare che le startup saranno una delle più preziose staffette della prossima primavera. Chi sarà a prenderla saldamente in mano?

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