Secondo una approfondita analisi condotta da Point Topic, se l’Italia volesse costruire una rete di nuova generazione su cui veicolare la banda larga del futuro dovrebbe investire in questo progetto qualcosa come 12,2 miliardi di euro. La valutazione è utile a comprendere quale potrebbe essere il costo massimo dell’operazione, fermo restando la necessità di un intervento graduale nel quale i costi potrebbero essere fortemente limitati (o fortemente incrementati) in base all’intervento politico in materia.
Secondo quanto concluso dalla ricerca, l’Italia dovrebbe mettere sul piatto una cifra superiore alla gran parte dei paesi europei, ma inferiore a quella di Francia e Germania. Nella fattispecie per la Francia il costo complessivo sale a 17,5 miliardi, mentre per la Germania si ferma a 15,6 miliardi. L’Italia, terza in questa speciale classifica, si trova però in una situazione per certi versi paradossale, poiché si trova a fare altresì i conti con un recente passato nel quale gli investimenti sono stati azzerati e dove anche le realtà metropolitane, quelle con un maggior interesse di investimento in quanto a maggior redditività, necessitano di onerosi interventi.
L’Italia dovrebbe investire nella NGA (Next Generation Access) 2,4 miliardi di euro per le aree urbane, 3,1 miliardi per le aree semi-rurali e 6,7 miliardi per le aree rurali. In proporzione, quindi, le aree rurali potrebbero essere coperte con un onere relativo inferiore rispetto a Francia e Germania (ove supera il 50% del totale), mentre il peso relativo maggiore ricadrebbe sulle aree urbane.
L’analisi trae le proprie conclusioni sulla base di una ricerca che valuta la densità di popolazione per ogni singolo km quadrato della superficie del vecchio continente, misurando così le aree urbane e non per giungere ad un computo finale sugli oneri e sulla loro suddivisione. La classifica delle dieci città che necessitano del maggior onere di spesa in termini di NGA boccia clamorosamente il nostro paese, poiché 5 città su 10 sono italiane: Roma (189 milioni di euro) è seconda soltanto ad Atene, ma a seguito vengono Napoli (157 milioni), Torino (98 milioni), Milano (97 milioni) e Bari (58 milioni).
Se l’Europa vuole una rete ultra-veloce (obiettivo già fissato dall’Agenda Digitale: 30mbps per ogni cittadino entro il 2020) deve poter mettere sul piatto, tra investimenti pubblici ed investimenti privati, qualcosa come 82 miliardi di euro. Una moltitudine di ricerche ha già affermato a più riprese quanto un investimento di questo tipo sarebbe un volano determinante per il Prodotto Interno Lordo, determinando così tempi di ammortamento estremamente brevi e forti benefici per la redditività del lavoro, l’occupazione e l’economia.
La scelta deve essere ora politica: la classe dirigente è in grado di vedere con lucidità le opportunità che la Rete è in grado di offrire? Iniziare dalle aree urbane potrebbe restituire i maggiori vantaggi nel minor tempo relativo, mentre nel frattempo la diffusione di reti mobile di alta capacità potrebbe ridurre i pericoli del digital divide. La prospettiva di una copertura complessiva all’interno di un piano pluriennale è però il progetto che serve per sbloccare investimenti e strategie: un’Europa che non investe in NGA è un’Europa destinata a perdere il treno dell’innovazione. Ed al tempo stesso un’Italia che non investe in NGA è un’Italia destinata a rimanere al palo.
L’Agenda Digitale e l’Agenzia per l’Agenda Digitale, nonché i ritardi nell’attribuzione delle deleghe per riprendere in mano il discorso abbandonato dal Governo Monti, sono l’ultimo capitolo di una serie infinita di occasioni perse: i numeri testimoniano però la necessità di un intervento serio e solerte, di un lavoro organico tra pubblico e privato che sappia far convergere i rispettivi interessi per sbloccare la situazione ed avviare definitivamente i lavori per la costruzione di una nuova autostrada digitale che apra le porte allo sviluppo.