Fine 2010, l’AGCOM fotografava l’Italia partendo dal fenomeno che più di ogni altro ne aveva pervasa la vita online: un paese che, come nessun altro, aveva abbracciato l’avvento dei social network. A distanza di un anno da quelle parole nuovi dati giungono a supporto della tesi: l’Italia è sempre di più una Repubblica fondata su Facebook.
Grazie alle rilevazioni di Vincenzo Cosenza, emergono i nuovi numeri del fenomeno Facebook in Italia: 21 milioni di iscritti, 13 milioni dei quali collegati alla propria bacheca con frequenza quotidiana. Se i dati Audiweb indicano in circa 27 milioni gli utenti italiani connessi alla Rete, ciò significa che circa uno su due spende la propria connessione ed il proprio tempo online sul social network per eccellenza. Una pulsione più che una vera e propria scelta, insomma, come se la rete sociale tradizionale avesse trovato su Facebook il proprio specchio predefinito: le amicizie si sono sdoppiate, ma quelle online non sono solo la copia di quelle offline, quanto piuttosto un vero e proprio complemento. Un qualcosa di più.
L’italia più caciarona ha trovato su Facebook una valvola di sfogo. L’Italia più digitalizzata ha trovato un suo passaporto verso l’Italia offline. L’Italia online ha trovato un biglietto da visita verso il mondo che è sempre stato al di fuori di queste dinamiche. Oggi che il mondo dei VIP ha deciso di salire in massa sul carro di Twitter, Facebook è e rimane il punto di riferimento del nostro paese, un traino che ha saputo portare online anche gli insospettabili fino a questo momento lontani da qualsiasi tipo di tentazione in tal senso. Perché? Perché “l’ho letto su Facebook”, “l’ho visto su Facebook” e “l’ho incontrato su Facebook” sono diventati dei mantra obbligati nel passaparola collettivo.
La fotografia di questa fine 2010 è quella di un paese che, nonostante il digital divide e le accuse di arretratezza culturale in termini di innovazione e Web, ha risorse ingenti da esprimere sia per quanto concernente la mobilità, sia per quanto concernente il social networking. In queste dimensioni l’italiano medio si trova bene, sa esprimere la propria natura e non si risparmia: gli italiani commentano, condividono, stringono amicizia e guardano la colonnina destra della bacheca scorrere continuamente in una moltitudine di notifiche.
L’Italia è una Repubblica fondata su Facebook perché è su Facebook che l’Italia esprime il proprio lato più frizzante. Forse è questo un segno tangibile di quanto la dimensione digitale del nostro paese sia ancora tutta da scoprire. Forse è un segno del fatto che il futuro potrebbe non essere grigio se solo si ha il coraggio di fare un passo oltre al presente. Dietro i numeri di una collettività intera pronta a salire sul carro di Mark Zuckerberg c’è per forza di cose una pulsione compressa, nascosta, contenuta a forza sotto un velo di inerzia. Ma i numeri parlano chiaro: l’Italia del social networking è una potenza. Che, se ben incanalata, può significare dibattito, mercato, scambio.
Quello che può sembrare tempo perso, può diventare ricchezza. Così che anche l’Italia di Facebook possa essere nuovamente a pieno diritto una Repubblica fondata sul lavoro.