Italiani e PA digitale, rapporto ancora complicato

L’Italia rimane ancora gli ultimi posti in Europa per l’interazione digitale con la pubblica amministrazione, tutti i numeri dal nuovo rapporto Agi-Censis.
Italiani e PA digitale, rapporto ancora complicato
L’Italia rimane ancora gli ultimi posti in Europa per l’interazione digitale con la pubblica amministrazione, tutti i numeri dal nuovo rapporto Agi-Censis.

Il rapporto tra gli italiani e la pubblica amministrazione digitale è ancora nello stato di “relazione complicata”: l’Italia è infatti agli ultimi posti in Europa per l’interazione digitale tra cittadini e PA. Nel 2018 infatti solo il 24% degli italiani ha dichiarato di aver interagito con la pubblica amministrazione per via telematica, contro il 92% dei danesi, il dato migliore in Europa. Fanno meglio di noi anche i francesi con il 71% e gli spagnoli con il 57%. Mediamente il valore in Europa si attesta al 52%, mentre fanno peggio dell’Italia solo Bulgaria e Romania.

Sono alcuni dei dati rivelati dal nuovo rapporto Agi-Censis realizzato nell’ambito del programma pluriennale “Diario dell’Innovazione” della Fondazione per l’Innovazione COTEC, presentato il 6 maggio durante Transformers, la giornata che ha riunito a Napoli per i Digital Days i campioni italiani della trasformazione digitale del Paese. Presenti il segretario generale Censis Giorgio De Rita, ma anche il Ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, il direttore generale AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) Teresa Alvaro e il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. La presentazione può essere seguita in diretta.

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Italiani e PA digitale: la situazione migliora, ma di poco

Guardando i dati la situazione tra gli italiani e la PA digitale migliora, anche se permangono le critiche sulla transizione al digitale. Emerge anche una scarsa competenza digitale degli italiani, mentre una quota significativa di popolazione vive in un mondo completamente “analogico”. La quota di coloro che ritengono che la PA funzioni “molto male” si riduce dal 17,9% al 10,2%. Si riduce la quota di coloro, ed è la maggioranza, convinti che la PA funzioni “piuttosto male” (da 52,1% a 50,8%). Aumenta anche la quota dei giudizi positivi (“piuttosto bene”), che passa da 24,3% a 33,2%. Le valutazioni improntate al maggior ottimismo (“molto bene”), rimangono del tutto residuali (3,1%). Guardando i dati nel loro complesso si può affermare che in soli 2 anni il perimetro dei giudizi negativi si è ridotto dai 3/4 ai 2/3 degli italiani.

PA digitale

In molti suggeriscono per una PA leggera e “poco invasiva”: il 38,2% degli italiani si augurano un sostanziale ridimensionamento con una riduzione dei costi e della burocrazia. Sono gli stessi dipendenti pubblici i più favorevoli a un eventuale ridimensionamento, ben il 44,9%. In generale c’è poca percezione del cambiamento, che può essere spiegata in parte attraverso la mancanza di adeguata informazione relativamente ai servizi digitali già attivati dalla PA e del loro reale funzionamento. Solo il 9,2% si dichiara completamente informato mentre nel 53,4% dei casi l’informazione è carente o addirittura assente. Il 37,4% dei cittadini, pur dichiarandosi sufficientemente informato, rileva nella persistente difficoltà di accesso o di utilizzo dei servizi digitali il vero problema che finisce per annullare i lati positivi di un’offerta non più vincolata a sportelli e file infinite. Un altro lato negativo arriva da innovazioni come il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), conosciuto soltanto dal 41,8% degli italiani o il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) (32,2%).

Tutta colpa della pubblica amministrazione?

Il rapporto dice di no: ci sono troppi “retaggi analogici” in Italia. Ancora oggi il 16% delle famiglie italiane non ha una connessione internet domestica. Nell’UE il dato medio è dell’11%, ma siamo ben lontani dai valori espressi da Paesi come l’Olanda (2%), il Regno Unito (5%) e la Germania (6%). Una quota elevata di popolazione vive in maniera completamente analogica, soprattutto tra gli anziani. Supera il 60% nella classe 65-74 anni ed è vicina al 90% negli over 75: in termini assoluti le persone con più di 65 anni che non utilizzano internet sono quasi 10 milioni (quasi 4 milioni se si considerano esclusivamente i 65-74enni). Una quota di cittadini che nei prossimi anni saranno comunque sempre disconnessi. Ha commentato Riccardo Luna, direttore di Agi:

La trasformazione digitale della PA è iniziata ed è possibile. Se guardiamo agli ultimi cinque anni, i cambiamenti si vedono benissimo […] l’indagine registra anche una diffidenza degli italiani verso il nuovo che avanza: più che la curiosità, in molti vince la nostalgia. E non è un paradosso in un paese in cui l’indice di vecchiaia è cresciuto di 25 punti percentuali in 10 anni toccando il nuovo record storico. Per vincere questa resistenza quotidiana non potremo limitarci a digitalizzare i complicatissimi processi esistenti, trasferendo le scartoffie, le firme e i bolli della burocrazia sul web, ma dovremo cambiare tutto disegnando servizi e applicazioni facili e immediati. Come comprare qualcosa su Amazon.

Il segretario generale del Censis Giorgio De Rita, parla infine delle risorse messe in campo, ma con risultati non sempre entusiasmanti:

Da oltre trent’anni l’Italia spende tanta energia e moltissimi soldi per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, più di qualsiasi altro Paese europeo. Abbiamo aperto, per primi, cantieri innovativi su qualsiasi terreno digitale: dai pagamenti alla fatturazione, dall’identità personale alla comunicazione certificata, dal deposito di atti giudiziari alle ricette mediche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e questi dati rimarcano ancora una volta il gravissimo ritardo d’innovazione nelle piattaforme digitali pubbliche e nel funzionamento della burocrazia. L’errore, che inesorabilmente ripetiamo, è puntare tutto sull’ultimo passo dei processi amministrativi, il più visibile e spendibile sul fronte del consenso politico, e di rinunciare a ogni innovazione negli schemi organizzativi, nella progettazione dei servizi, nella necessità di far parlare tra loro applicazioni e banche dati, nel tradurre la complessità burocratica in interazioni semplici per imprese e cittadini. Gli italiani si aspettano meno siti e tessere di plastica e molta più intelligenza.

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