Si è risolto con un nulla di fatto il tanto atteso rinnovo del listino prezzi per le royalty che il Copyright Royalty Board ha sottoposto a revisione nella giornata di ieri. Non è dato sapere se siano state le minacce di Apple a far prendere una simile decisione, ma di sicuro Cupertino non è la sola ad essere contenta di come siano andate le cose.
L’ultima volta che erano state riviste le tariffe delle royalty era il 1997, il download digitale stava nascendo ma in forma pirata e il CRB sentenziava le nuove tariffe per un decennio. Ora è arrivato il momento del rinnovo e per la prima volta tali tariffe non sono aumentate, ma il nuovo regime durerà (è stato annunciato) solo 5 anni, segno che più che una sentenza è un rinvio per impossibilità di giudizio.
Il momento che vive l’industria infatti è a dir poco cruciale. I music store come iTunes sono in aumento, i DRM stanno scomparendo, le etichette si stanno adeguando e le offerte stanno diventando davvero serie. Mancano solo gli utenti, che aumentano anche se lentamente (38% in più tra il 2006 e il 2007, cioè il 23% del totale del mercato), dunque applicare ora nuove tariffe avrebbe potuto portare disaffezione e problemi. Non a caso Apple ha chiaramente dichiarato che in caso di aumento avrebbero chiuso iTunes perchè «dal commercio online intendiamo guadagnarci».
Alla fine tutto rimane come prima: per ogni canzone venduta occorre versare 9,1 centesimi al CRB e non 15 come si temeva. È contenta Apple che dei 99 centesimi che il consumatore paga per un brano ne incassa 9 (secondo PriceWaterHouse Coopers), è contenta la RIAA che in caso aumentassero i prezzi delle canzoni prenderebbe anche di più degli attuali 70 centesimi senza dover dare altro al CRB, e sono contenti gli autori che in caso i prezzi per canzone invece scendessero per motivi promozionali non vedrebbero decurtata la loro quota di 10 centesimi.
Cambiano invece le quote per le suonerie: le royalty saranno di 24 centesimi, così che gli autori prendano il 10% di quei 2 dollari e 50 centesimi previsti.