Nonostante le perplessità espresse da più parti in occasione del lancio, iTunes Match funziona, soprattutto nelle modalità di redistribuzione del denaro proveniente dalla quota di iscrizione degli utenti. È quanto emerge da un intervento di Jeff Price sul blog ufficiale di TuneCore, realtà che si occupa della promozione e della distribuzione di artisti indipendenti.
Dopo i primi due mesi di attività del servizio, dichiara Price, Apple ha versato nelle casse di TuneCore circa 10.000 dollari, che a loro volta saranno poi divisi tra i musicisti i cui brani sono stati caricati sulla piattaforma di Cupertino. Una cifra non proprio elevata, considerato il numero di quanti andranno a beneficiarne, che però fa ben sperare per il futuro.
Ma come funziona la gestione delle royalty alla base di iTunes Match? Un utente versa 25 dollari all’anno per la sottoscrizione del servizio, il 30% dei quali viene trattenuto da Apple, con una quota del tutto simile a quanto accade per le applicazioni in vendita sull’App Store. Il restante 70% arriva così alle etichette, che a loro volta retribuiscono gli artisti in base ai download e agli ascolti delle loro opere mediante la piattaforma della mela morsicata.
Un sistema forse non perfetto e con ampi margini di miglioramento, ma comunque in grado di finanziare i musicisti agendo in un ambito che fino a oggi non ha generato alcun guadagno. Se soluzioni come iTunes Match o Google Music sono i veri strumenti per la lotta alla pirateria e per la tutela del diritto d’autore nell’epoca 2.0 lo si scoprirà solo tra qualche tempo. All’estero però, perché in Italia il servizio non è ancora accessibile.