Ivy Bridge spiegato nel dettaglio

Intel reinventa i microchip introducendo i primi transistor 3D, in grado di offrire una combinazione senza precedenti di risparmio energetico e miglioramenti prestazionali.
Ivy Bridge spiegato nel dettaglio
Intel reinventa i microchip introducendo i primi transistor 3D, in grado di offrire una combinazione senza precedenti di risparmio energetico e miglioramenti prestazionali.

Durante il recente evento tenutosi a San Francisco, cui abbiamo assistito attraverso a una diretta video in streaming, Intel ha annunciato una delle più importanti novità degli ultimi anni: i futuri processori realizzati con processo produttivo a 22 nm saranno caratterizzati da un approccio completamente inedito. Cambia, infatti, il design del basilare blocco di costruzione alla base di ogni chip, il transistor.

Intel ha rivelato il rivoluzionario transistor tri-gate 3D, che rappresenterà il futuro dell’intera linea di microprocessori del gigante californiano, in grado di offrire una combinazione senza precedenti di risparmio energetico e miglioramenti prestazionali.

Questa importante e storica rivoluzione tecnica nel mondo dei microprocessori sarà disponibile a breve per la produzione in grandi volumi, aiutando l’innovazione di un’ampia gamma di futuri dispositivi, dai più piccoli del mondo mobile – smartphone, tablet, netbook – fino alle potenti server farm destinate a foraggiare i servizi su cloud. La prima a beneficiare del nuovo processo produttivo Intel tri-gate 3D a 22 nm è la serie di processori multi-core identificata dal nome in codice Ivy Bridge.

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Svolta significativa

Entrando nel dettaglio, Intel tri-gate 3D a 22 nm rappresenta una svolta davvero rilevante nell’evoluzione del transistor, il microscopico elemento di base dei moderni dispositivi elettronici. Infatti, per la prima volta dall’invenzione del transistor in silicio – realizzato nei Bell Labs nel 1947 – entreranno in produzione, per grandi volumi, dei modelli dotati di una struttura tridimensionale, di cui Intel aveva annunciato il progetto originario nel 2002.

Ora, grazie anche al processo di produzione a 22 nm (nanometri, un miliardesimo di metro), finalmente può avvenire su larga scala questo cambiamento radicale rispetto alla classica struttura planare bidimensionale su cui sono basati i transistor alla base di ogni dispositivo elettronico di uso quotidiano e di largo consumo.

Come dichiarato da Paul Otellini, Presidente e CEO di Intel, relativamente al tri-gate 3D a 22 nm:

I ricercatori e gli ingegneri Intel hanno reinventato ancora una volta il transistor, questa volta utilizzando la terza dimensione. Grazie a questa potenzialità verranno creati straordinari dispositivi in grado di cambiare il mondo, man mano che faremo evolvere la Legge di Moore in nuovi ambiti.

Il raggiungimento dell’obiettivo, inseguito da Intel sin dall’annuncio di nove anni fa, ha un’importanza straordinaria, poiché permette di mantenere il ritmo della Legge di Moore, cofondatore di Intel nel 1965: è una previsione riguardante la velocità di sviluppo della tecnologia del silicio, in base alla quale la densità dei transistor raddoppia approssimativamente ogni due anni, incrementando funzionalità e prestazioni, e riducendone i costi.

In sostanza, la continua riduzione delle dimensioni dei dispositivi viene alla fine limitata dalle leggi fisiche. Il punto chiave di questa rivoluzione non è tanto la realizzazione di transistor tri-gate 3D, quanto la capacità di produzione in grandi quantità.

Transistor planare: struttura

Senza addentrarci nella giungla della terminologia tecnica, cerchiamo di spiegare cosa cambia da un transistor planare a uno con design tri-gate, chiamato così per i tre lati del Gate.

Il transistor planare, sostanzialmente immutato da quello originario, consiste in tre parti principali: Source (sorgente), Drain (pozzo) e Gate (porta). Questo è in realtà uno specifico tipo di transistor, MOSFET, ma cerchiamo di non andare troppo in profondità, essendo in realtà un interruttore elettrico. Pensate a Source e Drain come a i due slot in una presa elettrica standard: se bloccate un filo conduttore in entrambi, chiudete il circuito e la corrente scorre, oltre a generare qualche effetto indesiderato come un tot di scintille e l’attivazione dell’interruttore salvavita dell’impianto elettrico. Il substrato del transistor è come una sorta di “filo magico” che può condurre elettricità o no, e il Gate è, di fatto, l’interruttore che controlla se passa corrente sul suddetto filo o meno.

Così, quando viene applicata una tensione alla piastra metallica che forma il Gate del transistor, una sottile striscia di materiale semiconduttore tra la sorgente e il pozzo (il nostro filo magico) passa da isolante a conduttore, portando l’interruttore su ‘ON’ e permettendo il flusso di corrente tra i due estremi (Source e Drain). Quando si rimuove la tensione, la corrente smette di scorrere o, almeno, si suppone che si fermerà quando l’interruttore è spento.

In realtà rimangono tracce di corrente latente tra la sorgente e il pozzo, la cosiddetta “corrente di dispersione“, che spreca potenza preziosa e diventa un serio problema quando si vuole diminuire ulteriormente la dimensione dei transistor e concentrarne una maggiore quantità sulla stessa superficie.

Quindi, per ricapitolare, l’idea di base è che il transistor è un interruttore che lavora perché una piccola quantità di materiale isolante tra i due elettrodi si trasforma “magicamente” in un conduttore quando viene applicata una tensione in esso, chiudendo così il circuito.

Transistor planare: limiti

Nella corsa alla miniaturizzazione insorgono vari problemi. Con un Gate sempre più piccolo, naturalmente passa meno corrente attraverso esso. Con il passaggio al processo produttivo a 22 nm, il flusso di elettroni che scorre attraverso la porta quando l’interruttore è acceso cala drasticamente. Se aggiungiamo a questo la corrente latente che viene dispersa nello stato OFF, il risultato finale è un interruttore che appare quasi allo stesso modo sia da acceso sia da spento, e ciò non è per nulla un bene.

Due sono gli approcci per risolvere il problema: ridurre la dispersione di corrente, o forzare più elettroni attraverso il Gate. Il nuovo design di Intel tri-gate 3D a 22 nm fa un po’ di entrambe le cose, anche se tra le due è la seconda che è stata trattata con approccio innovativo e rivoluzionario.

Per far passare più elettroni, quindi maggiore quantità di corrente, esistono due modi: il primo e più ovvio è alzarne la tensione, così da incrementare la conduttività elettrica del circuito. Questo non è l’ideale, perché una tensione superiore genera consumi superiori. Il secondo approccio, migliore del primo, è trovare un modo per ampliare la porta: così passerebbe più corrente elettrica e lo farebbe con minore tensione. Intel ha preso questo secondo modo, portando il Gate nella terza dimensione.

Transistor tridimensionale

Quello che accade con il design Intel tri-gate 3D a 22 nm è la sostituzione di una struttura bidimensionale “piatta” con una microscopica aletta di silicio tridimensionale, che si sviluppa in verticale dal substrato di silicio.

Il controllo della corrente viene ottenuto implementando un gate su ognuno dei tre lati dell’aletta – due sui fianchi e uno sulla parte superiore – anziché solo sulla parte superiore come nel caso dei transistor planari.

Questo controllo aggiuntivo rende possibile il massimo flusso di corrente quando il transistor è in piena attività (stato ON) e il più possibile vicino allo zero quando è inattivo (stato OFF per ridurre il consumo energetico), oltre a consentire un passaggio molto più reattivo tra i due stati, che aiuta ancor più a migliorare le performance.

Essendo queste alette verticali, è possibile incrementare la densità dei transistor, un aspetto importantissimo se si valuta l’ottimizzazione dello spazio disponibile, contribuendo ancor più alla miniaturizzazione dei circuiti già permessa dal processo produttivo a 22 nanometri. Intel prevede per le future generazioni la possibilità di aumentare l’altezza delle alette per migliorare ulteriormente le prestazioni e l’efficienza energetica.

Risparmio energetico e guadagni prestazionali

Ma quali sono i vantaggi concreti? I chip basati su design Intel tri-gate 3D a 22 nm operano a una tensione inferiore e con una minore dispersione di elettricità, così da offrire una combinazione sorprendente di prestazioni ed efficienza energetica.

Una tale potenzialità permette ai designer una maggiore flessibilità nella scelta dei transistor, preferendo quelli destinati al basso consumo piuttosto che alle prestazioni elevate, secondo le esigenze dell’applicazione implementata.

In fatto di prestazioni pure, è indicativo il dato dichiarato per l’alimentazione a bassa tensione: il guadagno dei tri-gate 3D a 22 nm è del 37% rispetto ai transistor planari a 32 nm di Intel, la generazione attuale introdotta nel 2009. Questo miglioramento li rende ideali per l’uso nei sempre più diffusi dispositivi mobile, soprattutto analizzando il dato dichiarato relativo al consumo energetico a parità di prestazioni erogate: il risparmio è intorno al 50%.

Primi esemplari

Il transistor Intel tri-gate 3D sarà implementato nel prossimo processo di produzione a 22 nm, con il primo microprocessore che verrà al mondo identificato dal nome in codice Ivy Bridge, successore dell’attuale Sandy Bridge.

I processori Intel Core basati su Ivy Bridge saranno destinati a equipaggiare la prossima generazione di notebook, server e computer desktop, con la produzione in grandi quantità entro la fine del 2011.

Altro campo d’applicazione saranno i processori Intel Atom per tablet e netbook, in qui si sfrutteranno i vantaggi in termini di risparmio energetico e miniaturizzazione, più che le pure prestazioni.

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