L’industria audiovisiva continua la propria battaglia contro il P2P. A parlare, questa volta, è James Murdoch, figlio del famoso imprenditore Rupert, a capo di un vero e proprio impero mediatico che comprende cinema, televisione e Internet.
Durante l’Abu Dhabi Media Summit, James Murdoch, chief executive di News Corporation per l’Europa e l’Asia, ha affermato che l’utilizzo dei network di filesharing è da considerarsi come un furto, alla stessa stregua di un qualsiasi reato materiale.
Far P2P è come rubare una confezione di Pringles o una borsetta. Non vi è nessuna differenza tra pirateria digitale e fisica. Dovrebbe esserci lo stesso livello di protezione dei diritti di proprietà, sia che si parli di una casa che di un film.
In realtà, come fa notare ZeroPaid, esiste una certa differenza tra pirateria fisica e materiale. Un furto fisico, come per l’appunto quello di una borsetta, comporta la privazione di un bene a una vittima. Un furto digitale, quale quello attuabile su sistemi di filesharing, viola il copyright dei detentori dei diritti ma, di fatto, non li priva della possibilità di continuare a sfruttare il bene, sia a livello creativo che economico. Come abbiamo avuto modo di verificare, il P2P va di pari passo con i successi di mercato delle major: più un contenuto è scambiato fra gli utenti, maggiori sono gli introiti sui canali tradizionali di vendita.
Murdoch, inoltre, ha richiesto un severo inasprimento delle sanzioni nei confronti degli sharer abituali. Tuttavia, sempre secondo ZeroPaid, si potrebbero ottenere migliori risultati cambiando strategie di distribuzione, proprio perché il P2P sopperisce alla mancanza di alternative legali.
Le persone in Australia non vogliono aspettare un anno extra per vedere gli ultimi episodi di “Lost” o di “The Family Guy”. Li vogliono vedere in contemporanea con gli Stati Uniti. Il P2P ha democratizzato la distribuzione di contenuti in assenza di alternative legali. Ignorare questo fatto, marchiando gli spettatori leali come dei ladri, non fa altro che peggiorare il problema.
In definitiva, appare nuovamente evidente come l’industria non voglia abbracciare forme nuove di distribuzione, preferendo vecchi business che, tuttavia, non sono più in grado di garantire i successi di un tempo.