Se essere assunti da un colosso come Google può essere piuttosto difficile, in alcuni casi anche dire addio al gigante delle ricerche può rappresentare un dilemma di difficile risoluzione. Quanto meno, fin quando l’azienda continua a rappresentare i valori che hanno attratto i rispettivi dipendenti. Può accadere, infatti, che dopo anni di lavoro al Googleplex non ci si identifichi più nell’azienda di Mountain View, per i più svariati motivi: è il caso di James Whittaker, ex ingegnere Google ora alle dipendenze di Microsoft.
Dopo circa tre anni di duro lavoro per il gruppo fondato da Larry Page e Sergey Brin, Whittaker ha deciso di dire addio all’azienda, sposando la causa di Microsoft in quanto ritenuta maggiormente aderente ai suoi ideali. Una mossa, questa, alla quale l’ormai ex sviluppatore delle API di Google+ ha meditato per circa tre mesi, durante i quali ha compreso di non essere più all’interno della stessa azienda che qualche anno prima gli aveva consentito di entrare a far parte del mondo tecnologico ai massimi livelli. Una mossa, questa, dettata da una motivazione ben precisa, riassunta in una frase dello stesso Whittaker:
La Google di cui mi ero appassionato era un’azienda tecnologica che stimolava i propri dipendenti all’innovazione. La Google che ho lasciato era una compagnia di advertising con un solo scopo.
L’attuale dipendente Microsoft punta dunque il dito contro il nuovo corso intrapreso da Google in seguito al passaggio di testimone tra Eric Schmidt e Larry Page: in seguito a tale cambiamento, l’intera azienda è stata rivoluzionata, con obiettivi che prima risultavano basilari ora messi in secondo piano. Con Schmidt, spiega Whittaker, l’advertising è sempre rimasto sullo sfondo, con la società continuamente alla ricerca di nuovi stimoli per i propri dipendenti, di qualunque grado, affinché potessero portare innovazione. Con Page, invece, la situazione è stata capovolta, con la pubblicità al centro delle attenzioni del gruppo.
La dimostrazione di tale cambiamento, prosegue l’ex ingegnere di Mountain View, sono la chiusura di progetti come Google Labs, la riduzione delle risorse per App Engine, la dismissione oppure l’introduzione di costi per l’accesso ad API precedentemente gratuite, e più in generale il ridotto interesse da parte dell’azienda allo sviluppo di nuove soluzioni, sia software che hardware. Progetti come Gmail e Chrome, sottolinea Whittaker, sono nati dal basso, grazie all’inventiva degli sviluppatori della società, la quale sembra aver focalizzato la propria attenzione esclusivamente sull’advertising.
In tale contesto, poi, rientra anche il discorso legato ai social network: dinanzi alla crescita di Facebook, Google si è trovata costretta a correre ai ripari lanciando un proprio portale sociale, cercando di trasformare tutti i prodotti messi a disposizione in un qualcosa di maggiormente social. Il tutto, con un unico scopo: ottenere maggiori informazioni dagli utenti, così da migliorare le proprie campagne di advertising ed attrarre a sé nuove aziende interessate alla pubblicità made in Google. Whittaker, poi, sottolinea una differenza sostanziale tra Google e Facebook: il portale di Menlo Park è riuscito infatti ad ottenere un potere tale da convincere marchi ben più importanti ad anteporre il brand del social network al proprio, pubblicizzando indirizzi del tipo facebook.com/nomedellazienda, mentre in passato il colosso delle ricerche non era mai riuscito in un’impresa simile.
La rincorsa al mondo social, insomma, rappresenta per Google una sfida dettata principalmente dalla volontà di migliorare l’advertising, vero e proprio pallino ai piani alti del Googleplex. Un pallino che ha tramutato una compagnia dalla quale sono partiti numerosi progetti in grado di rivoluzionare il mondo tecnologico, che ha sempre portato innovazione e sviluppo, ma che secondo i suoi dipendenti si è arenata per cercare di inseguire il profitto.
Microsoft, ovviamente, coglie al balzo la polemica e pubblica il post tra i propri blog per gettare un’ombra sul gruppo rivale.