Il nome Jammie Thomas-Rasset è tornato a più riprese tra le cronache della guerra contro la pirateria. Il suo caso è stato infatti emblematico poiché la donna si è ripetutamente schierata contro l’industria del copyright (nelle vesti della RIAA) nel tentativo di far valere le proprie ragioni per abbassare l’incredibile penale pendente sul suo capo.
Tutto inizia quando la donna viene identificata per aver scaricato 24 file illegali con Kazaa, ai tempi il software più scaricato al mondo: dopo aver rifiutato una transazione da 3000 dollari che avrebbe chiuso la questione con la RIAA in modo “amichevole”, ecco la prima sentenza datata 2007: 9250 dollari per ognuno dei file scaricati, per un totale di 222 mila dollari. Nel 2009 la donna torna alla carica contro le major, ma la sua condizione di madre di quattro figli non intenerisce la Corte che, anzi, moltiplica la penale portandola a 1.92 milioni di dollari in tutto.
Lo scorso anno un primo sconto ridimensiona la sanzione sgonfiandola fino a 1,5 milioni di dollari. La nuova decisione delle ultime ore cambia radicalmente l’impianto della sentenza, considerando eccessiva e non proporzionata la valutazione del danno: la sanzione scende a 2,250 dollari per canzone, per un totale di 54 mila dollari. Il caso potrebbe chiudersi qui, ma non è detto che non si apra un nuovo ulteriore capitolo: la RIAA potrebbe infatti vedere in malo modo una sentenza che fissa un valore tanto basso er ogni singola violazione e potrebbe pertanto nuovamente appellarsi prorogando ulteriormente il caso.
Jammie Thomas-Rasset ha oggi circa 35 anni, ma quei 24 file ancora segnano la sua vita, il suo percorso processuale e la sua lotta simbolica contro le etichette dell’industria discografica.