Jeff Williams, il nuovo COO di Apple, ha approfittato di un’intervista radiofonica per parlare della filosofia del gruppo di Cupertino, dai nuovi investimenti per il settore medico fino alla questione del lavoro minorile fra i fornitori asiatici. E proprio in tema di lavoro minorile, Williams spiega perché Apple sia stata a lungo sotto i riflettori internazionali: la società, infatti, sarebbe una delle poche disposta a parlare apertamente del problema. Un fatto che sembra essere confermato dai report annuali che ogni anno il gruppo rilascia, in merito alla responsabilità dei partner orientali, ma soprattutto dall’impegno profuso per limitare il fenomeno, anche in collaborazione con The Fair Labour Association negli ultimi anni.
Si è discusso spesso, soprattutto qualche anno fa, della questione del lavoro minorile fra i fornitori asiatici di componenti per Apple. La società non ne ha mai fatto mistero, impegnandosi attivamente per eliminare i casi rilevati, ed è forse questo che ha spinto la Mela sulla stampa più di qualsiasi altro competitor. Così spiega Jeff Williams:
Nessuna compagnia vuole parlare di lavoro minorile. Nessuno vuole esservi associato. Noi accendiamo invece una luce sul problema. Monitoriamo tutti i casi dove un lavoratore minore è impiegato in qualche fabbrica e prendiamo azioni drastiche con il fornitore, per cercare di raggiungere un cambiamento. Quindi ogni anno rendiamo il tutto pubblico. Crediamo che l’unico modo per ottenere un cambiamento sia parlarne.
Williams, così come riferito da 9to5Mac, è tornato anche sulla questione dei giovani lavoratori impiegati nelle miniere di stagno in Indonesia, spiegando come Apple abbia scelto un approccio di miglioramento anziché evitare la questione:
Apple ha due scelte: potremmo assicurarci che tutti i nostri fornitori comprino stagno da fonderie fuori dall’Indonesia, probabilmente la strategia più semplice da seguire per proteggerci dalle critiche. Ma sarebbe un percorso pigro e codardo, perché non farebbe nulla per migliorare le condizioni dei lavoratori indonesiani né per l’ambiente, considerando come Apple consumi solo una piccola frazione di tutto lo stagno locale. Abbiamo scelto una seconda via, ovvero quella del coinvolgimento e della guida per una soluzione collettiva.
La strategia scelta da Apple appare come vincente, almeno a giudicare dai report annuali sulla Supplier Responsibility: non solo il gruppo di Cupertino è riuscito a ridurre il lavoro minorile fra i fornitori, anche con dei piani di recupero e reinserimento scolastico degli stessi lavoratori, ma non ricorre a minerali da zone di conflitto. Il tutto grazie a 633 audit, per un totale di 1.6 milioni di lavoratori, con 16 casi di lavoro minorile identificati e definitivamente risolti.
Oltre a questo, Williams ha accennato alle possibilità aperte da ResearchKit ed HealthKit per accrescere la conoscenza in ambito medico, garantendo un rapporto più diretto tra pazienti e ricercatori. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove l’accesso a professionisti della salute rischia di essere inibito a porzioni estese della popolazione. Il COO ha portato l’esempio dello studio dell’autismo: gli studi più recenti, infatti, dimostrerebbero come un intervento il più possibile precoce sia in grado di garantire migliore autonomia e skill sociali ai pazienti nel corso della loro intera vita. Un obiettivo difficile da raggiungere in paesi come l’Africa, però, dove esistono soltanto 55 specialisti a fronte di una popolazione di oltre un miliardo di persone. Apple, di conseguenza, si augura che tecnologie come ResearchKit permettano un accesso sempre più capillare a cure e trattamenti, arrivando anche in quelle zone solitamente dimenticate.