Battendo sul tempo anche la lepre Rupert Murdoch, il gruppo inglese Johnston Press Digital Publishing ha annunciato l’intenzione di portare l’intera sua proprietà editoriale verso una formula di accesso a pagamento per quanto concernente i contenuti online. E non si tratta di una iniziativa di scarso significato se è vero che il gruppo controlla ad oggi più di 300 giornali locali (alcuni dei quali di un certo prestigio), identificandosi come uno dei maggiori riferimenti editoriali del Regno Unito.
Rupert Murdoch, insomma, sembra stia trovando gli indizi auspicati: il mondo dell’editoria è, almeno in parte, pronto ad abbandonare i modelli di business basati sull’advertising per abbracciare un nuovo modello nel quale l’accesso avviene a seguito di regolare abbonamento. Così facendo Google perderebbe gran parte della propria leva contrattuale e, se si muovesse in blocco, il mondo dell’editoria riuscirebbe a riconsegnare ai contenuti il valore (ed il prezzo) che i produttori ritengono corretto. La difficoltà del passaggio, però, è estrema e sono in molti a ritenere improponibile il teorema Murdoch.
Nel caso della Johnston Press, però, il coraggio è soprattutto necessità. Il gruppo, infatti, solo nel 2008 ha dovuto scontare un calo delle entrate pari al 12.4%, con margini operativi in ribasso ed un intero 2009 di difficoltà ancora da scontare (i dati ufficiali annuali non sono ancora stati comunicati). Le entrate dal digitale sono aumentate nel 2008, ma non quanto basta per compensare la caduta degli introiti dalle versioni cartacee. Tutto il resto è venuto di conseguenza, con un 2009 in cui il cartaceo ha vissuto ulteriori difficoltà e le entrate dalla pubblicità hanno rallentato la propria crescita anche online.
L’idea odierna è quella di un abbonamento trimestrale da 5 sterline: è questo il prezzo richiesto dal gruppo per l’accesso online ai contenuti. L’esperimento iniziale coinvolgerà nomi quali Worksop Guardian, Ripley & Heanor News, Northumberland Gazette e Whitby Gazette: al termine del test il gruppo avrà in mano quanto necessario per valutare il da farsi o, quantomeno, una nuova possibile posizione di vantaggio per discutere nuove condizioni contrattuali. Nel mirino, ancora un volta, sembra esserci sempre lo stesso nome: Google, infatti, gestisce inserzioni per tutti i siti citati tramite riquadri con annunci AdWords.
The Guardian, per contro, ha motivato la propria opposizione alle iniziative della corrente di pensiero filo-Murdoch, ritenendo doveroso un approccio differente. Anche in questo caso l’articolo è seguito da un certo numero di link facenti capo all’advertising Google. In ballo, dunque, c’è una scelta radicale: con o senza Google, con o senza un accesso a pagamento. Per la Rete è questo un esperimento senza precedenti (quantomeno su larga scala) ed i timori degli editori sono motivati pertanto da un salto nel buio che, ad oggi, sembra voler affrontare soltanto chi si trova in qualche modo già con l’acqua alla gola.