Julian Assange potrà essere estradato. Lo ha stabilito la Corte Suprema inglese, chiamata a esprimersi sulla complessa e delicata battaglia legale che vede l’australiano accusato di violenza sessuale, reato per il quale è stata chiesta l’estradizione in Svezia. Un brutto colpo per la lunga battaglia legale che da 18 mesi impegna il fondatore di Wikileaks contro chi lo accusa. E che potrebbe poi farlo finire nelle mani dei suoi veri nemici: gli Stati Uniti.
Non è ancora stato però tutto deciso e gli avvocati di Assange ora hanno due settimane di tempo per ricorrere contro la sentenza ed impugnarla, con l’obiettivo di evitare l’espatrio sul quale si erano già pronunciati – anch’essi a favore – altri due tribunali. Per Assange le opzioni di difesa si restringono e la possibilità di finire nuovamente in cella si fanno sempre più concrete. Basta controllare l’account @wikileaks per rendersi conto della linea diretta che i sostenitori di Assange fanno rispetto a questa denuncia: citano, sibillinamente, la sentenza inglese e la «kill list» di Barack Obama.
Will be on @DemocracyNow, 8:10 EST, talking Assange extradition and Obama’s kill listsis.gd/xeJ4Jo
— Glenn Greenwald (@ggreenwald) Mag 30, 2012
L’ex hacker si è sempre considerato vittima della vendetta degli Usa per la fuga di dati (il sospettato è il soldato Bradley Manning, ora in prigione con 22 capi di imputazione, rischia l’ergastolo), che alimentò i clamorosi Cables dai teatri di guerra in Afghanistan e Iraq. Tesi che ha convinto anche gruppi di hacktivisti anti-censura come Anonymous, che tra il 2010 e il 2011 hanno punito coi loro attacchi le aziende colpevoli di aver voltato le spalle a Wikileaks.
Il resto è cronaca: il sostanziale silenzio imposto ad Assange, la vicenda del presunto crimine sessuale, la mancanza di altri scoop anche per mancanza di fondi, hanno pian piano messo in un cono d’ombra chi soltanto due anni fa rischiò di finire sulla copertina del Time come uomo dell’anno al posto di Mark Zuckerberg.
Secondo gli avvocati, ad Assange resta la possibilità di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, anche se alcuni legali del suo pool pare siano convinti che prima o poi in Svezia ci andrà, ma per vincere questa causa e tornare quindi ad essere un uomo libero.
L’ombra dell’estradizione, però, incombe soprattutto in termini di un possibile viaggio negli USA: in quel caso il biglietto potrebbe essere di sola andata.