100 milioni di dollari e scordiamoci il passato: i rapporti tra le major della musica mondiale (Universal Music, Sony BMG, EMI e Warner Music) ed il software di file sharing Kazaa giungono ad una svolta grazie a quella che sembra essere la definitiva chiusura dei contenziosi legali tra le due parti. Kazaa dovrà rimborsare alle case di produzione 100 milioni di dollari per la responsabilità riconosciuta dal giudice nel non impedire agli utenti di sfruttare il P2P come canale di scambio di file musicali.
20 miliardi di canzoni sarebbero state scaricate solo lo scorso anno ed almeno 10 paesi dovrebbero esercitare maggiore pressione sul mondo del P2P: secondo l’IFPI tra questi paesi figurano sicuramente Brasile e Canada, ma nelle prime posizioni è citata anche l’Italia con i suoi 2.7 milioni di file sharer (curiosamente il dato si intreccia con quanto comunicato da Telecom nei giorni scorsi: appena 6 milioni gli utenti italiani in broadband).
Alla stregua di quanto è successo prima con Napster, il futuro di Kazaa è ora nel mondo della legalità e dei music store. Il gruppo titolare Sharman Networks dovrà ora implementare nel software una serie di filtri in grado di limitare lo scambio di materiale coperto da copyright: l’ennesimo braccio armato del P2P è addomesticato, per l’industria musicale trattasi dell’ennesima vittoria (peraltro solo ufficializzata, in quanto l’utenza aveva ormai spostato in massa la propria attività lontano dalla rete FastTrack).
Kazaa nacque nel 2002 da un’idea di Niklas Zennstrom e Janus Friis, diventando il re assoluto del P2P e addirittura il software più scaricato di tutti i tempi. L’inizio dei contenziosi legali è coinciso con il declino del network: Zennstrom e Friis hanno abbandonato la nave che affondava e si sono dedicati a Skype, ritrovandosi oggi a lavorare per il gruppo eBay. Nel futuro del duo c’è un cosiddetto “Venice Project”, del quale però al momento si sa ancora molto poco oltre la semplice indicazione di un impegno nella trasmissione di video online.