Ci sono scuole africane dove una delle prime parole in lingua inglese che imparano i bambini è «Kindle». Così racconta il Wall Street Journal nel suo reportage che scopre il connubio tecnologico più in voga negli ultimi tempi: quello fra il libro digitale e i paesi in via di sviluppo. Si tratta di un’attività benemerita, utile, o piuttosto di una diversa forma di colonialismo?
Secondo il programma Worldreader, una Ong con base negli Usa, il continente africano è l’ideale terreno di sperimentazione di una diffusione massiccia dell’eBook: meno spazio, facilità di utilizzo, strumenti gratuiti e utili come i dizionari per i piccoli alunni africani desiderosi di imparare le lingue e guardare al mondo con più speranza. Si è cominciato con l’Uganda e la sperimentazione proseguirà in altri due paesi.
Il programma di un Kindle per ogni bambino ricorda molto da vicino il famoso “One Laptop per Child” del 2005, ad opera di Negroponte, che ha dato un contributo fondamentale – coi suoi 30 milioni di dollari di investimento – per realizzare in versione open quello che poi sarebbe diventato il netbook commerciale, a prezzi non dissimili da quello pensato per l’Africa. Il laptop da 100 dollari non è mai costato realmente 100 dollari, non ha mai sfondato quanto auspicato, ma ha segnato comunque la via.
Questo progetto potrebbe avere più fortuna, se si considera che tra i suoi fondatori c’è David Risher, ex manager di Amazon, che ha convinto – difficile credere abbia fatto molta fatica – la sua ex azienda a investire in questo progetto 1,5 milioni di dollari. Ottimo investimento, visto che poi Worldreader ha distribuito 1.100 Kindle e 180.000 e-book ai bambini e insegnanti in Ghana, Kenya e Uganda.
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Una forma di colonialismo tecnologico mascherato? C’è chi lo dice a chiare lettere, chi lo suppone, ma è chiaro anche che il Kindle sia oggettivamente ideale in paesi come questi: la durata della batteria e la robustezza del device giocano a suo favore. L’acquisto del Kindle per 5 dollari per titolo di opere originali, coperto da donazioni private e fondi (tra i maggiori donatori di libri elettronici c’è la famosa squadra di calcio del Barcellona, che si è impegnata ad acquistarne un milione, quindi a stanziare cinque milioni di dollari) fa il resto e arriva il device con speciale custodia protettiva e contenuti ideati appositamente dagli editori per questi alunni.
Conveniente? Dipende: ci sono progetti che riescono a portare un libro cartaceo ad alunno per un dollaro ciascuno, ma la costruzione e la conservazione delle librerie fisiche ha un costo notevole. Per non parlare del fatto che la Agency for International Development ha rilevato che nelle scuole elementari dove gli studenti hanno un e-reader sono aumentate le prestazioni nei test di lettura del 13%.
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