La Sezione Speciale del Riesame del Tribunale Ordinario di Roma ha stabilito che linkare file protetti da diritto d’autore o effettuarne l’embed nelle proprie pagine Web non costituisce alcun reato e non rappresenta un’attività sufficiente a giustificare il sequestro di un sito Internet. Per questo motivo il portale Kisstube.tv, uno dei 152 accusati di violare il copyright nell’ambito dell’operazione Odissea, può tornare online.
Il 29 novembre il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dall’avv. Fulvio Sarzana di S. Ippolito (dello Studio Legale romano Sarzana e Associati), che per conto del sito aveva sollecitato l’annullamento del decreto relativo al sequestro. Il motivo è presto spiegato: la decisione del GIP non era allineata a quanto di recente stabilito dalle sentenze Bestwater e Svensson, della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che una volta di più ha confermato la legittimità delle attività di linking ed embedding da portali come YouTube. È la prima volta, in Italia, che si applicano questi principi. Il legale esprime la propria soddisfazione.
La diffusione su un sito Web, mediante il cosiddetto embedding, di un’opera protetta non è qualificabile come “messa a disposizione del pubblico” e, pertanto, non costituisce violazione del diritto d’autore nella misura in cui l’opera non è diretta ad un nuovo pubblico o divulgata con una modalità tecnica diversa da quella adottata per la comunicazione originale.
Gli altri 151 siti interessati dall’operazione Odissea rimangono soggetti a sequestro. Questa la posizione del Tribunale.
Il decreto di sequestro non contiene alcuna valutazione in ordine alla condizione legittimante costituita dal fumus commissi delicti, limitandosi il giudice di fase ad indicare il reato per cui si procede a carico di ignoti, senza tuttavia compiere alcuna valutazione sugli elementi in base al quale si possa ritenere integrato, a livello di fumus, l’illecito ipotizzato. Alla mancanza di ogni motivazione sul fumus del reato consegue l’annullamento del decreto impugnato e la restituzione, a cura del P.M., di quanto in sequestro all’avente diritto.
Si è dunque stabilito che incorporare un contenuto all’interno del proprio sito, sebbene questo sia stato messo online da terzi in violazione del copyright, non costituisce reato e la responsabilità della violazione non può ricadere su chi effettua l’embed.