Il problema della penetrazione della banda larga nel continente europeo è qualcosa di noto e già sviscerato in ogni sua piega ormai da anni. Il mercato non ha però saputo apportare i correttivi utili a dare uno slancio definitivo al settore, vedendo così ogni anno più vetuste le strutture e le tecnologie esistenti. Quel che Viviane Reding non ha potuto fare con gli attuali regolamenti, però, potrebbe diventare possibile andando a fissare un nuovo principio che, partendo dalla politica, potrebbe cambiare realmente le carte in tavola: la banda larga potrebbe diventare “servizio universale”.
Secondo la Reding la banda larga è ormai un elemento essenziale nella vita delle persone, tanto da rendere discriminatoria una rete che non contempli la copertura di tutto il territorio per mettere a disposizione il servizio a tutta la cittadinanza. L’Unione Europea, insomma, non può prescindere da una condizione simile. Per questo motivo, visto che le dinamiche del mercato non sono sufficienti a muovere ovunque gli investimenti per la copertura in broadband, può essere una norma a definire le nuove linee guida da imporre alle società di telecomunicazioni.
Il primo passo per risolvere un problema sta nel definirlo. Viviane Reding in ciò è stata chiara: la banda larga deve essere un servizio a disposizione di tutti, a prezzi equi, così da aumentare la soddisfazione nell’esperienza di navigazione portando nelle case il verbo della rete. La banda larga è il «passaporto verso la società dell’informazione», dunque va messa innanzitutto a disposizione per poi promuovere la causa con forza combattendo contro l’analfabetismo digitale. Il tutto con una scadenza precisa: 2010. Entro tale data la Universal Service Obligations (USO) potrebbe deviare i programmi di sviluppo nei singoli stati dell’Unione incoraggiando (grande al giro di vite imposto a livello comunitario) nuovi investimenti che includano tra i propri obiettivi la disponibilità di telefonia pubblica, l’accesso ai servizi per i disabili e, come indicato, la disponibilità di broadband in modo indifferenziato su tutto il territorio.
Un problema incipiente sarà ora quello di definire lo stesso concetto di “banda larga”. Già in passato la situazione italiana sembrava nascondersi dietro a definizioni ambigue del servizio ed ora, alla luce delle possibili imposizioni comunitarie, anche l’omologazione di tale definizione potrebbe necessitare di regole precise. Lo stesso documento firmato dalla Reding, infatti, pone la questione limitandosi a definire la banda larga come la condizione che permette un «accesso funzionale ad internet». Il grafico illustra per la situazione italiana (dati IDATE 2007) indica percentuali di copertura generalmente superiore al 90% tanto in area rurale quanto in area urbana, ma è da tempo nota la discrasia tra i dati che monitorano la copertura in base alla popolazione ed i dati che monitorano invece la percentuale di territorio coperte. Il tutto senza considerare il limite minimo entro il quale la banda larga può definirsi tale: tale limite va considerato in modo dinamico, in base all’evoluzione della rete ed in proporzione alla quantità di banda necessaria per accedere ai servizi che il web va offrendo.