«È il mistero più impenetrabile di Cosa Nostra, almeno fino ad oggi: la Bibbia di Bernardo Provenzano, trovata dalla polizia nel covo di Montagna dei Cavalli, l’11 aprile 2006, il giorno del blitz che ha messo fine a una latitanza che durava da 43 anni. Quella Bibbia è piena di strani codici e annotazioni che hanno impegnato i nostri investigatori più brillanti del Servizio centrale operativo della polizia e persino gli analisti americani dell’Fbi. La Procura di Palermo ha chiesto anche la consulenza di un teologo e più di recente di due professori universitari, un matematico e un informatico». Sono queste le parole di Salvo Palazzolo, giornalista de La Repubblica che ha deciso di portare avanti una provocazione forte: pubblicare online alcune pagine provenienti dalla famigerata Bibbia di Provenzano.
Il messaggio de “I pezzi mancanti” è forte: la lotta alla Mafia è qualcosa che le istituzioni non possono e non devono combattere in solitudine. Tutti debbono scendere in campo contro le attività malavitose. Per questo tutti devono avere la possibilità di farlo, avendo anzitutto accesso a documenti che gli inquirenti ancora non hanno saputo decifrare. Ed è così che Palazzolo, tramite apposito blog, ha pubblicato la documentazione e l’ha inserita nel flusso delle informazioni già pubblicate sull’argomento. Il tutto con una chiara chiamata alle “armi”: «Eccole, dunque, alcune pagine della Bibbia di Provenzano, con tutti i codici che sembrano richiamare il dibattito di questi giorni, sui misteri e gli insospettabili complici di Cosa nostra. Perché non provare a cimentarsi con quella sequenza di numeri e lettere? Questo non è un gioco, vorrebbe essere una sana provocazione: decifriamo il codice Provenzano, ognuno con le proprie competenze, la fantasia e l’intelligenza che non si arrende mai. Potrebbe diventare un piccolo segno d’impegno culturale e civile, per far sapere ai magistrati di Palermo: non siete soli».
Estratto dalla Bibbia di Provenzano
«Come fare arrivare il messaggio a quante più persone che la lotta alla mafia non può essere delegata soltanto a magistrati e investigatori? Come ribadire che la lotta alla mafia dovrebbe essere un impegno corale della società civile, non solo attraverso le manifestazioni di piazza, ma anche attraverso lo studio degli atti giudiziari, la presa di coscienza della complessità del fenomeno Cosa nostra e poi la richiesta forte di verità? Come ribadire che solo la voce di una società civile attenta e responsabile potrà riuscire, un giorno speriamo non lontano, a far aprire gli archivi di Stato che ancora nascondono troppi segreti sulle insospettabili complicità di Cosa nostra?». La risposta è il Web: la sua libertà di accesso, la sua pervasività, la sua capacità di coinvolgimento e la sua apertura sono elementi in grado di garantire una moltiplicazione delle opportunità disponibili.
Probabilmente l’iniziativa non sortirà risultati concreti, e se la battaglia degli inquirenti non ha ancora ottenuto risultati è probabile che anche la cosiddetta “intelligenza connettiva” non riesca ad ottenere molto di più dagli appunti di Provenzano. Ma l’iniziativa va ben oltre il conseguimento di un risultato immediato e diretto: «La ricerca della verità è affare di tutti. Ogni scuola della città, ogni chiesa, ogni associazione, ogni facoltà dovrebbe farsi carico di studiare, analizzare, rielaborare un pezzo mancante della nostra storia». L’obiettivo è nell’affermazione di un principio. Obiettivo raggiunto.