Google è fuori dalla Grande Muraglia: che sia un provvedimento temporaneo o permanente rimane ancora da capire, ma è probabile che la misura possa essere temporanea, che le autorità cinesi non se ne assumano la responsabilità e che il tutto possa essere archiviato come l’ennesima scaramuccia tra libertà di pensiero e timori legati a dissidenze di varia natura.
Fermo il motore di ricerca, fermo Gmail, fermo Google Docs; fermo Analytics, fermo Google Drive, ferma l’intera galassia di Mountain View. Ogni sito viene reindirizzato verso un IP dislocato in Korea e relativo ad alcun sito Web. Google da parte sua nega di avere qualsivoglia problema sui server, esplicitando pertanto indirettamente la convinzione per cui la causa sia esterna ai sistemi di Mountain View e correlata ad una qualche mirata azione di disturbo esterna.
Con ogni evidenza la distorsione nella navigazione avviene a seguito del grande firewall di origine governativa ed il tutto sembra poter essere addebitato ad una causa specifica: il Congresso del Partito Comunista cinese.
In questi giorni, infatti, il paese orientale sta vivendo un passaggio fondamentale presso gli alti organigrammi della politica: il Congresso rappresenta un passaggio cruciale ed il rischio di attirare l’attenzione sui dissidenti è alta. Il Partito ha probabilmente preferito alzare le già rigide misure di controllo vietando tutti quei canali che possano farsi portatori di comunicazione di opposizione o canali di informazione per paesi esteri.
Dalle autorità cinesi non giunge alcuna presa di posizione e con ogni evidenza anche gli Stati Uniti potrebbero trovarsi di fronte ad un grave imbarazzo. Tutto ciò succede infatti nel momento stesso in cui il paese guidato da Barack Obama impone nuove sanzioni all’Iran a causa della censura calata sulla Rete (e nella fattispecie su YouTube), cosa che per logica dovrebbe riflettere a cascata medesime sanzioni anche contro la Cina. I rapporti tra Stati Uniti e Cina sono però ben più delicati e qualsivoglia sanzione potrebbe essere considerata un atto ostile di catastrofica portata. Le diplomazie dovranno quindi lavorare per cercare una soluzione, e nel frattempo la fine del Congresso del Partito Comunista potrà sciogliere il gelo e ripristinare i giusti collegamenti.
Rimane, però, una prova di forza da parte della Cina, una chiusura che non risparmia nemmeno la Rete e che anzi estende la Grande Muraglia anche sui DNS, sui servizi online e sui motori di ricerca.