«Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall’art. 17, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, non può desumersi né da tale disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto». Con queste parole la Corte di Giustizia Europea sentenzia la nullità di qualsiasi provvedimento che costringa gli ISP a filtrare in modo preventivo il traffico su Internet per ragioni di copyright. Il principio espresso è del tutto chiaro: benché la tutela della proprietà intellettuale sia un aspetto fondamentale, tale diritto non può escludere altre priorità e soprattutto tale tutela «deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali».
La sentenza è quella archiviata al numero C‑70/10, “Scarlet Extended SA contro SABAM (Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL)”. Il caso risale al 2007, quando la SABAM (società degli editori, compositori e produttori belga) intendeva estendere a tutti gli ISP del paese un meccanismo di filtro imposto in sede legale alla Scarlet Extension SA (provider oggi autore del ricorso alla Corte europea).
Secondo quanto stabilito dalla CURIA (peraltro sulla base delle valutazioni già espresse nel mese di aprile dall’avvocato generale della Corte Pedro Cruz Villalón), «è compito delle autorità e dei giudici nazionali, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d’autore, garantire un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle persone su cui incidono dette misure». All’interno del giusto equilibrio rientrano però precisi paletti che, ad esempio, in Italia sono stati più volte superati nel nome della necessaria tutela del copyright. La Corte di Giustizia Europea rimette quindi tutto in discussione esprimendo un principio che detta una linea per molti versi nuova poiché ribalta le priorità fin qui date per acquisite: «le autorità ed i giudici nazionali devono in particolare garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari di diritti d’autore, e quella della libertà d’impresa, appannaggio di operatori come i FAI [Fornitori di Accesso a Internet]».
Al punto 52 della sentenza, la CURIA dettaglia la propria decisione spiegando che l’ingiunzione agli ISP di filtrare la rete rischierebbe di ledere la libertà di informazione poiché un sistema di questo tipo potrebbe non distinguere adeguatamente contenuti leciti e contenuti illeciti. A maggior ragione, tale espediente diviene di impossibile applicazione nel momento in cui paesi diversi implicano distribuzioni diverse, regole diverse e pertanto diversa gestione dei diritti su particolari contenuti.
La chiosa risulta essere quindi un passaggio storico nel modo in cui l’Unione Europea intende dirimere le questioni relative alla tutela online della proprietà intellettuale:
[…] occorre dichiarare che, adottando l’ingiunzione che costringe il FAI a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e, dall’altro, la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni.
Agli effetti, quel che la Corte di Giustizia Europea vieta è la predisposizione di un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni, indistintamente su tutta la clientela, a titolo preventivo, a sue spese e senza limiti nel tempo: il blocco del trasferimento preventivo dei file non è pertanto considerato una misura equilibrata e chi intende tutelare i propri contenuti dovrà muoversi in altre direzioni.