«Il Garante per la Privacy ha dato ampia diffusione al proprio atto di intervento nella causa promossa da FAPAV contro Telecom Italia per arginare il dilagare dei fenomeni di pirateria cinematografica. Spiace rilevare che in tale atto di intervento non si tenga minimamente conto delle dettagliate risposte che FAPAV […] aveva fornito a precise richieste del Garante e, a quanto consta, non le abbia nemmeno trasmesse all’Avvocatura dello Stato. Ciò non appare conforme ai generali criteri di correttezza che devono ispirare l’azione di ogni pubblica amministrazione, la quale non può semplicemente gettare nel cestino le osservazioni che le pervengano da cittadini o da imprese soggette alla sua sfera di azione».
Sono queste le parole con cui inizia la risposta pubblica della FAPAV (Federazione Anti – Pirateria Audiovisiva) nei confronti di Telecom Italia. Una risposta in qualche modo dovuta: dopo le prime argomentazioni dell’associazione, infatti, il Garante per la Privacy aveva portato le proprie controdeduzioni spalleggiando nei fatti più l’incumbent che non l’associazione. Ora la FAPAV torna a sottolineare la bontà del proprio teorema, nel quale si richiede da parte di Telecom una posizione proattiva nell’ostruzionismo alla pirateria online. Ma prima di riuscire a portare a segno le proprie pressioni, la FAPAV deve scontrarsi contro il muro del Garante, secondo il quale «la privacy viene prima di tutto».
Continua l’associazione nel proprio nuovo documento: «Se le risposte di FAPAV fossero state prese in considerazione, il Garante della privacy avrebbe evitato di lanciare supposizioni del tutto infondate e che finiscono con illedere la reputazione della FAPAV e delle sue associate, contribuendo a ingenerare nel pubblico l’erroneo convincimento di un suo illecito operato». E ribadisce inoltre due concetti, i due fondamenti del proprio teorema accusatorio nei confronti di Telecom, due elementi con cui si tenta di dissociare la nuova iniziativa dal vecchio caso Peppermint:
- «FAPAV non tratta, non ha trattato, e non ha chiesto ad alcuno di trattare dati personali di utenti della rete»
- «FAPAV nella causa pendente avanti al Tribunale di Roma non ha prodotto alcun dato personale, né ha chiesto di entrarne in possesso, ma ha solo evidenziato dei dati statistici aggregati relativi al numero di downloading illegali dei film appena usciti nelle sale o anche prima della loro uscita pubblica»
Per giungere infine ad una conclusione che sfocia in una deduzione che chiude il cerchio della polemica: «Le infondate supposizioni del Garante della privacy e il clamore che ne è conseguito appaiono costituire un oggettivo incoraggiamento al fenomeno della pirateria – che costituisce un reato – e a rafforzare l’errato convincimento che sulla rete tutto è lecito, perché l’impunità per le eventuali malefatte è garantita dalla legge sulla privacy».
La chiosa va lasciata al commento di Stefano Quintarelli, una summa del dibattito racchiusa nell’impossibilità del paradosso: «Ma crede veramente FAPAV che la strada migliore per difendere i diritti dei suoi associati sia quello di sostenere una posizione che, se accolta, implicherebbe di spegnere la rete? Pensa davvero che sia una posizione sostenibile che possa portare ad alcunché di positivo?».