Gli USA hanno compiuto un piccolo timido passo nei confronti della Net Neutrality. La Federal Communications Commission (FCC) ha infatti approvato una direttiva attesa da tempo per garantire nuovi paletti nella definizione di neutralità della rete, il che significa quantomeno un nuovo punto di partenza per le discussioni future. Al tempo stesso, però, la norma appare debole e priva del supporto necessario per garantire alla Net Neutrality lunga e feconda vita.
Il testo è stato approvato dalla FCC con 3 voti a favore e 2 contrari: Democratici da una parte, Repubblicani dall’altra. Trattasi di un raro scollamento all’interno della commissione, il che rende chiaro il differente orientamento delle due fazioni sul tema. Il provvedimento è stato inoltre immediatamente avversato da più parti come un compromesso che non accontenta nessuno. Per Julius Genachowski, presidente FCC, l’idea è quella di mettere concretamente in atto quanto richiesto da Barack Obama: la rete sia neutrale. Il modo in cui il tutto è stato redatto, però, rischia di minare i pur evidenti passi avanti compiuti poiché l’impianto appare fin da subito eccessivamente fragile.
Nella fattispecie la FCC ha voluto anzitutto descrivere la Net Neutrality per rendere chiaro il motivo per cui vada difesa: perché è il dogma su cui è cresciuta la Rete, perché è l’assunto sul quale funziona la Rete oggi, perché solo una rete neutrale è in grado di garantire l’operatività delle attività non aventi finalità di lucro. Una nuova Rete pensata per chi può acquistare la priorità dei propri pacchetti annullando la democraticità dei protocolli, insomma, è qualcosa da evitarsi e la norma intende scoraggiarne la pratica.
La Net Neutrality è quindi la garanzia per cui la Rete possa rimanere oggi quel che è sempre stata, richiamando così quei principi che hanno consentito ad Internet di diventare uno strumento rivoluzionario. La FCC ha però al tempo stesso dovuto anche scendere al nocciolo del problema: fino a che punto la Rete può essere davvero neutrale? Quali limiti possono essere imposti alla neutralità?
Il testo prevede che un ISP ed una azienda non possano in alcun modo accordarsi per dare priorità a particolari pacchetti di dati. Così facendo, quindi, un provider non può deliberatamente garantire accesso a taluni servizi a scapito di altri e, piuttosto, deve garantire equità. Il testo però fa un accenno vago alla possibilità da parte degli ISP di bloccare contenuti “dannosi” e questa apertura è immediata fonte di critiche poiché sembra chiaro come dietro un accenno simile possa celarsi la possibilità di fermare Wikileaks o il file sharing sulla base di un ordine delle autorità.
Le reti via cavo e le reti wireless saranno gestite in modo differente: in questo la FCC dimostra particolare attenzione alle problematiche tecniche ed alle differenti realtà. Ai provider “via cavo” si chiede maggior rigore, mentre ai provider “wireless” si concedono maggiori libertà in virtù di una più complessa gestione dei carichi in mobilità. In ogni caso trasparenza e ragionevolezza devono guidare le offerte: la trasparenza deve mettere nelle mani degli utenti tutte le informazioni necessarie per capire come venga gestita una rete, mentre la ragionevolezza è il cavillo utilizzato per rendere aperto il concetto di neutralità e le sue diverse accezioni secondo i vari punti di vista.
Il testo sul quale la FCC si è espressa è quindi un compromesso di grande equilibrio nel quale il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto. Le critiche sono bipartizan, perché la polarizzazione delle vedute sul tema avrebbe preteso un intervento più radicale in materia. Al tempo stesso, però, v’è la convinzione per cui poco sia meglio di nulla, il che significa per la FCC una grossa vittoria dopo anni di dibattito sul tema. Se la Net Neutrality vorrà continuare ad essere un dogma garantito, però, la FCC dovrà trovare nuovi alleati ed una maggior coerenza tra i propri membri: un 3-2 di questo tipo non basta per fare della neutralità un punto fermo della Rete di domani.