Nelle scorse settimane si è fatta “aspra” la battaglia tra Rupert Murdoch e Google, accusata dall’editore australiano di guadagnare “illecitamente” sfruttando i contenuti giornalistici prodotti da terzi, tra cui diversi giornali di Murdoch, sul Web.
Una battaglia che aveva visto scendere in campo, così pare, anche Microsoft, ma che trae linfa anche e soprattutto dalla convinzione che i contenuti di qualità sul Web devono essere monetizzati adeguatamente da chi li produce.
Proprio a riguardo a ciò, Rupert Murdoch ha mostrato più volte l’intenzione di puntare sulle news a pagamento, ovvero di rendere disponibili le notizie prodotte dalle versioni online dei suoi giornali esclusivamente dietro il pagamento di una certa somma da parte degli utenti.
In questo, il magnate australiano sembrava essere o poter essere un vero e proprio pioniere, un apripista, per usare un termine dello sport, ma a quanto pare c’è chi può batterlo sul tempo: si tratta della Johnston Press, un gruppo editoriale che controlla circa 300 giornali locali in Gran Bretagna e che ha mostrato l’intenzione di introdurre prossimamente delle formule di pagamento per rendere disponibili i contenuti di alcuni suoi siti.
L’idea della Johnston Press è quella di far pagare 5 sterline per un abbonamento trimestrale per consentire l’accesso alle news di alcuni dei propri quotidiani online, una novità che, se avrà successo, verrà probabilmente estesa a tutte le testate del gruppo.
In questo modo gli altri editori, compreso Murdoch, che più di tutti si era esposto in questo senso, avranno un piccolo ma significativo riscontro sulle reazioni del pubblico ad un simile cambiamento, avendo quindi la possibilità di apportare modifiche o di fare “marcia indietro”, in caso il mercato bocciasse l’iniziativa, prima di rischiare in prima persona.
Perché, in effetti, di rischio si tratta. Portare le news a pagamento sul Web, ovvero su una piattaforma che conta milioni di utenti e che è cresciuta anche e soprattutto grazie alla cultura dell’informazione libera e gratuita, è un salto nel vuoto di cui non si conosce l’altezza né il terreno su cui si andrà a cadere.
Certo, si comprendono anche le esigenze di chi, vedendo le entrate derivanti dal mercato dell’informazione cartacea assottigliarsi sempre più, cerca di trovare qualsiasi appiglio per non sprofondare e per trovare così nuove fonti di entrata che possano coprire le quote perdute. Gli editori, quindi, cercano risorse proprio dal Web, decisi a non accontentarsi delle sole entrate derivanti dalle inserzioni pubblicitarie che, a loro dire, sono insufficienti.
Tuttavia, non si tratta semplicemente di cambiare strategia commerciale per la vendita di un proprio prodotto, lo diciamo in quanto stiamo parlando di un prodotto, le news, che su Internet assume un significato molto più ampio e soprattutto acquista, grazie a social network, siti di microblogging ecc., una dimensione “social” e “collaborativa”. Le news sul Web sembrano slegate e assolutamente lontane, come concetto, dal rigido contesto di “prodotto da vendere” come gli editori vogliono invece farle diventare.
Sarà il Web ad adattarsi alla volontà degli editori o saranno questi a “piegarsi” alla volontà degli utenti di Internet?