Apple ha il diritto di venire a sapere quali sono le “mele marce” che si insinuano all’interno dell’azienda. E’ questo il verdetto del giudice James P. Kleinberg, chiamato a stabilire il da farsi in merito alla richiesta dell’azienda di Cupertino sul caso del segreto industriale violato da tre siti web (ThinkSecret, Apple Insider e PowerPage).
Da una parte v’è Apple, decisa a far luce sul problema: qualche dipendente dell’azienda potrebbe non aver mantenuto il segreto circa alcune novità del gruppo (a partire da Mac Mini fino al prossimo Asteroid) e ciò comporterebbe un danno per l’azienda stessa.
Dalla parte opposta vi sono i responsabili dei siti autori del goloso “scoop” che ha fatto innervosire i vertici di Cupertino: la fonte non è stata inizialmente rivelata ed i tre blogger (Jason O’Grady, Monish Bhatia e Kasper Jade) avevano negato tale informazione avanzando il diritto alla segretezza proprio della professione giornalistica.
Il giudice ha sentenziato: il diritto di indagare su eventuali violazioni del segreto industriale travalica il diritto giornalistico alla segretezza, ed inoltre i confini di definizione della professione giornalistica sono ormai troppo labili da poter essere usati come difesa. In ogni caso, «un giornalista non può rifiutarsi di fornire informazioni quando sono relative ad un crimine». Tra 14 giorni è fissata la scadenza per consegnare i nomi alla Corte.
Attorno ai tre blogger si è immediatamente accesa una forte solidarietà coesa attorno al principio della libera informazione. In questo movimento si è distinta la Electronic Frontier Foundation (EEF), movimento che applaude ora l’intenzione dei blogger a ricorrere in appello.