Twitter è in tutto il mondo, si sa, e il suo lancio in Borsa permette sempre più di scoprirne dati e potenzialità. Se però si va a guardare, come ha fatto PeerSearch, come sono distribuiti gli utenti del microblogging, si scopre che metà della sua ricchezza deriva da sole cinque nazioni: gli Stati Uniti, il Giappone, l’Indonesia, il Regno Unito e il Brasile. Un mix di paesi d’origine e anglofoni, paesi tecnicamente molto sviluppati e paesi molto densamente abitati.
Utilizzando in vario modo statistiche di diversa origine di cui PeerSearch dispone perché è parte dell’ecosistema Twitter, sono stati considerati gli utenti attivi mensili e la tendenza di crescita per sviluppare dei grafici più aggiornati sulla penetrazione mondiale del social network dei 140 caratteri. Contrariamente alle vecchie statistiche, i paesi del medioriente, pur continuando ad essere protagonisti per il forte rapporto abitanti/account, non sono più in cima alla classifica. Circa il 40% degli utenti mensili attivi di Twitter in realtà non twittano mai, quindi secondo il nuovo punto di vista metodologico la quota maggiore di utenti attivi è negli Stati Uniti, con il 24%.
La cosa incredibile di questo particolare sviluppo disomogeneo è che dopo i primi 13 paesi della classifica tutti gli utenti di ogni altro paese al mondo rappresentano assieme il restante 26%. E l’Italia, che tempo fa si era attestata al 18% di penetrazione, viene ridotta a un quasi irrilevante 5%. Le cifre sui guadagni sono un’altra leva che la neo-quotata azienda dovrà utilizzare, perché molto lontana dal carattere di una multinazionale: Twitter infatti ha generato ricavi per 121 milioni di dollari nel secondo trimestre, di cui il 75% sono generati negli Stati Uniti. Peccato però che solo un quarto della popolazione di Twitter in realtà proviene dagli Stati Uniti, e Twitter dovrebbe generare più ritorno alla sua base di utenti in Giappone, nel Regno Unito o in Brasile. Invece per ora non lo fa.
L’ottimismo però è doveroso, basti pensare all’età media degli utenti, bassissima (24 anni; solo il 20% ha più di 30 anni), alla forte propensione alla mobilità – l’Indonesia altrimenti non sarebbe così in alto – due elementi che, ancora una volta, vedono l’Italia bandiera nera: il Belpaese infatti fa pesare la sua età media piuttosto alta ed è attualmente, il paese con i twitterer più vecchi del mondo.