Quando lo scorso Febbraio è stata annunciata la nascita della Pc Gaming Alliance, la cosa che aveva lasciato interdetti un po’ tutti gli opinionisti del settore era esattamente quale fosse l’obiettivo del consorzio che riunisce i principali operatori nel settore dei giochi per PC. A qualche mese di distanza un’intervista rilasciata ad Ars Technica chiarisce molti punti.
«Siamo i guardiani del PC come piattaforma di gioco» ha detto il presidente Randy Stude «Dobbiamo sempre assicurarci che ci sia un ambiente nel quale chi fa i giochi non tema di investire decine di milioni di dollari per lo sviluppo per pc». Per raggiungere tale obiettivo il percorso individuato dall’alleanza è dare voce ai giocatori e rispettare le loro esigenze di giocare a cosa vogliono quando vogliono ferma restando la volontà delle società produttrici di tutelare i propri guadagni legittimi.
Valorizzare e dare una voce ai giocatori sarà fatto attraverso continui sondaggi e valutazioni sullo stato del gioco per PC. Ricerche sul numero, la qualità e la divisione dei videogiocatori che dimostrino a tutti quello chei videogiocatori già sanno, cioè di essere in tanti: «Se ti colleghi ad un server per la beta di Call Of Duty World At War alle 6 del mattino vedi che ci sono migliaia e migliaia di persone che giocano. E poi dicono che il gioco su pc è morto…».
Inoltre un altro modo di aiutare consumatori e aziende è migliorare le informazioni sulla configurazione minima richiesta dai giochi, in modo che tutti sappiano bene come si può giocare davvero ad un certo gioco.
Ovviamente era impossibile non toccare il tema della pirateria, ma su questo Stude si allontana dalla visione stereotipata dell’industria: «Dove c’è pirateria c’è sempre un potenziale profitto. Il miglior mercato per i giochi da PC è l’estremo oriente […] lo stesso mercato che più di tutti vede i giochi piratati» perciò la Pc Gaming Alliance non aiuterà a mettere a punto nuove forme di controllo ma aiuterà le società a capire quanto e se funzionino quelle che stanno mettendo in atto o se inibiscano l’acquisto dai consumatori vogliono rimanere nella legalità.