Timeline, gioie e dolori: nella nuova pagina del profilo di Facebook si racchiude tutta l’essenza dell’evoluzione che il concetto di privacy ha affrontato in questi anni. L’impatto emotivo sarà forte e l’entusiasmo cancellerà probabilmente ogni precauzione, ma passata la tempesta occorrerà riportare calma e consapevolezza negli utenti. Consapevolezza: ancora una volta è questa la parola chiave nel porre un limite al vituperio della privacy.
Il 30 settembre (giorno dell’esordio delle novità annunciate, visualizzabili fin da subito tramite apposita anteprima per developer) il mondo di Facebook si dividerà in due. Da una parte vi sarà una comunità entusiasta della nuova pagina del profilo perché in quella proposta rivedrà la propria autobiografia. L’impatto emotivo sarà forte, prepotente, tale da indicare immediatamente la bontà di un’idea destinata ad occupare le ore di chi vorrà curare il proprio profilo o di chi semplicemente curioserà quello altrui. Dall’altra vi sarà chi invece rimarrà spaventato dalla Timeline, perché in una sola paginata vedrà sbattuta con violenza l’intera propria vita online, l’intero flusso delle proprie attività, l’intera verità a proposito dei propri pensieri snocciolati giorno per giorno sul social network.
La verità sta nel mezzo, si sa, ma la forza del cambiamento genererà probabilmente una polarizzazione del pensiero tale per cui apocalittici ed integrati si schiereranno gli uni contro gli altri a favore o contro quel che Facebook sta tentando di creare.
La verità della logica è però un’altra: Facebook non viola la privacy in alcun modo, ma semplicemente chiede all’utente di rendersene responsabile. Facebook mette a disposizione una autobiografia componibile su base volontaria, ma sta all’utente definire i limiti entro cui vi si può accedere. Errori e sfumature saranno sicuramente trovati, probabilmente scatteranno le class action e ancor più probabilmente ci sarà chi sarà pronto a schierarsi contro l’ennesimo indiscreto assalto del social network all’interno delle vite private. Ma Facebook è fin da subito trasparente in ciò: ogni applicazione dovrà contrassegnare le proprie attività sui dati degli utenti, ogni elemento pubblicato potrà essere verificato ed eventualmente nascosto e ogni indicazione della Timeline potrà essere soppesato direttamente dall’utente interessato.
La privacy si è modellata nel tempo ed oggi è tutta, esclusivamente, questione di consapevolezza. L’utente è fautore primo della propria policy e può decidere a chi affidare le proprie informazioni, quali informazioni affidare e con quali limiti. Così sarà sulla Timeline: si potrà decidere chi potrà vedere cosa, come lo potrà vedere e cosa far comparire nel flusso. Sono molti però i fattori che possono erodere la consapevolezza: la scarsa informazione, l’inerzia nelle azioni, l’abbandono all’emozione di vedere la propria storia tra le dita. La privacy non ammette ignoranza.
Ogni passo indietro sul fronte della consapevolezza è un passo indietro sul fronte della privacy. Fino al rischio di rimanere del tutto inermi in un limbo nel quale le informazioni private sfumano in un’area pubblica di libera disponibilità. La Timeline è quindi un bene prezioso da accudire, ma anche da difendere. Perché non c’è scampo: la privacy, ai tempi di Facebook, è sia un diritto che un impegno.
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