Dopo D’Alia, Gabriella Carlucci. L’ex-showgirl, oggi Onorevole, era infatti stata preannunciata come prossima autrice di un disegno di legge (2195) «per assicurare la tutela della legalità nella rete internet e delega al Governo per l’istituzione di un apposito comitato presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni». Sebbene il testo non sia ancora online presso i siti istituzionali, è possibile fare un primo riferimento al testo ufficiosamente anticipato da Stefano Quintarelli sul proprio blog.
L’art. 2, in particolare, sarebbe il punto focale dell’intero provvedimento. Il testo prevede:
- «È fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima»;
- «I soggetti che, anche in concorso con altri operatori non presenti sul territorio italiano, ovvero non identificati o indentificabilì, rendano possibili i comportamenti di cui al comma 1. sono da ritenersi responsabili – in solido con coloro che hanno effettuato le pubblicazioni anonime – di ogni e qualsiasi reato, danno o violazione amministrativa cagionati ai danni di terzi o dello Stato»;
- «Per quanto riguarda i reati di diffamazione si applicano, senza alcuna eccezione, tutte le norme relative alla Stampa. Qualora insormontabili problemi tecnici rendano impossibile l’applicazione di determinate misure, in particolare relativamente al diritto di replica, il Comitato per la tutela della legalità nella rete Internet (di cui al successivo articolo 3 della presente legge) potrà essere incaricato dalla Magistratura competente di valutare caso per caso quali misure possano essere attuate per dare comunque attuazione a quanto previsto dalle norme vigenti»;
- «In relazione alle violazioni concernenti norme a tutela del Diritto d’Autore, dei Diritti Connessi e dei Sistemi ad Accesso Condizionato si applicano, senza alcuna eccezione le norme previste dalla Legge 633/41 e successive modificazioni».
Il principio evidente è quello di un’impronta controllata della rete, ove l’assenza di anonimato effettivo permette di controllare ed agire contro eventuali diffamazioni o illeciti di varia natura. Rispetto all’emendamento al Pacchetto Sicurezza firmato da Gianpiero D’Alia scompare la responsabilità diretta degli ISP nel rapporto tra Stato e Cittadino (sebbene se ne imponga in qualche modo una collaborazione attiva), ma compare una lettura delle responsabilità destinata a creare non pochi problemi interpretativi: applicare, in quanto a reati di diffamazione, la normativa prevista per la regolamentazione della Stampa significa anzitutto deviare il concetto di “pubblicazione” mettendo in un calderone solo strumenti profondamente differenti in natura e sostanza quali un giornale cartaceo ed un blog, un settimanale ed un sito web, un quotidiano ed un forum. L’unica deroga che va a risolvere la terra di nessuno tra i diversi strumenti è negli «insormontabili problemi techici» che rendono eventualmente inapplicabili talune misure. Il dispositivo di legge, insomma, ammette una possibile fallacia connaturata alla legge stessa e pertanto delega alla magistratura la responsabilità di dirimere eventuali casistiche particolarmente insidiose.
Al momento non sono disponibili ulteriori dettagli e sul sito web di Gabriella Carlucci non si trova al momento alcun cenno relativo al testo in esame. Si trova, tuttavia, un indizio di quello che è il Carlucci-pensiero relativamente alla Rete. L’indizio è in un post del 26 Gennaio, quando gran parte della classe politica italiana si schierò contro Facebook temendo il potere sovversivo dei gruppi pro-strupro o pro-Riina nati sul social network: «È indecente che su Facebook esistano gruppi che inneggiano allo stupro e alla violenza sessuale. Le donne italiane, vittime di abusi carnali, devono essere difese e tutelate. Dopo l’apologia della mafia i fan dello stupro di gruppo. Il social network più famoso del mondo sta diventando sempre di più un luogo virtuale dove impera l’illegalità ma soprattutto l’impunità. Occorre regolamentarlo in qualche modo. I gestori devono intervenire, cancellando d’imperio i gruppi più offensivi e pericolosi. Se non lo faranno, sarà dovere della polizia postale del nostro Paese far rispettare le leggi italiane, stabilendo regole rigorosissime che di fatto impediscano il ripetersi di questi episodi incresciosi».