Accordo firmato: Google e Yahoo tornano a collaborare in tema di advertising siglando una partnership nella quale Yahoo mette a disposizione i propri spazi invenduti e Google mette a disposizione annunci contestuali da poter posizionare proficuamente sugli spazi medesimi.
Il tira e molla tra Google e Yahoo dura ormai da anni, tirato per la giacchetta da una molteplicità di circostanze concomitanti che si scontrano lasciando la situazione sempre in sospeso. Il gioco delle parti vede infatti in campo una moltitudine di attori: Google, sicuramente interessata a far propri gli spazi presenti sulle pagine dell’ex-nemico Yahoo; la stessa Yahoo, da tempo in cerca di nuovo denaro da far fluire nelle casse del gruppo; Microsoft, già in partnership con Yahoo e sicuramente infastidita dall’invasione di campo rivale; le autorità antitrust, che da sempre non vedono di buon occhio una alleanza di Google con altri big del settore in virtù della concentrazione di mercato che viene a determinarsi tra i corridoi di Mountain View.
La stretta di mano determina una collaborazione di estensione globale, non esclusiva e basata su annunci di tipo “display”. Mentre l’accordo già siglato tra Microsoft e Yahoo è legato al search advertising, l’accordo con Google è legato alle pubblicità contestuali, così come spiegato nella notte dalla stessa Yahoo:
Poniamo che si stiano facendo ricerche per acquistare un paio di stivali. Se si vede una pubblicità per stivali, catturerà istantaneamente l’attenzione più di una pubblicità, ad esempio, di una batteria per auto. È una cosa migliore per gli utenti. Questo è il motivo per cui l’advertising contestuale è uno strumento così potente.
Google mette in ballo AdSense for Content e la strada verso Sunnyvale è facilitata dalla presenza di Marissa Mayer in qualità di CEO del gruppo: così come Carol Bartz firmò a suo tempo la partnership con Steve Ballmer (che la Mayer non ha mai nascosto di mal sopportare), la ex-Google oggi a capo di Yahoo ha invece optato per una soluzione più sicura nella speranza di poter raccogliere nuovo denaro con cui puntellare i bilanci dell’azienda.
Sull’accordo rimane però pendente un punto interrogativo: le autorità antitrust statunitense ed europea chiuderanno un occhio, oppure vorranno approfondire la relazione pericolosa tra Google e Yahoo? L’accordo può costituire un ostacolo per la concorrenza? L’aver evitato accordi in termini di search advertising è quanto basta per mettere in cassaforte l’accordo? Domande di questo tipo emergono oggi dalla stampa specializzata, ma domani saranno giocoforza sulle scrivanie delle authority di controllo di tutto il mondo.