La rete e i redditi degli italiani per tastare la propensione all'uso di internet

La rete e i redditi degli italiani per tastare la propensione all'uso di internet

La storia delle dichiarazioni dei redditi online mi ha rovinato il ponte. Ho fatto le 3 del mattino per due notti di fila a guardarli.

Sì, sono curioso (e di certo di questo non mi vergogno!) e li ho guardati tutti! Tutti, senza esclusione. Avrò controllato si e no una cinquantina di persone che conosco (con 2 o 3 sorprese clamorose!) e ancora me ne vengono in mente durante la giornata. Tengo quei file sul desktop sempre pronti ad una consultazione.

Ma lasciando da parte per un momento il discorso sull’opportunità della loro pubblicazione online e sulla profonda immoralità e sporcizia interiore di chi come me ormai li conosce tutti a memoria, la cosa che più mi ha stupito è stata la reazione della parte “connessa” del paese.

Le persone che conosco e frequento rientrano in linea di massima in quel settore socio-economico-demografico-culturale che i dati ISTAT ogni anno danno come il più connesso e il più attivo in rete, eppure nessuno aveva scaricato le dichiarazioni dei redditi. Tutti grandi scaricatori di musica pirata e di film intendiamoci, ma non dei redditi. Ero convinto sarei stato uno dei tanti ad averlo fatto, anche tra gli ultimi, eppure tra i miei conoscenti ero il solo (ancora non ho trovato un altro che l’avesse fatto).

E non è perchè solo io sono talmente marcio dentro da voler sbirciare nella vita economica di chi mi è vicino, ma incredibilmente è per una sorta di strana pigrizia tecnologica che ha inibito il riutilizzo di strumenti consolidati.
Alla mia domanda “Hai visto i redditi online?quasi per tutti si ripeteva allo stesso modo il pattern stupore-insulto-richiesta. Dopo avermi chiesto come si facesse e avermi infamato dandomi del malato, seguivano sempre una serie di richieste: “Sei veramente incommentabile. Ma ti pare? Senti mi guardi il reddito di…“.

Per 4 giorni ho ricevuto giorno e notte SMS con nomi, cognomi e date di nascite che richiedevano di rispondere con il reddito, ho ricevuto mail con elenchi di nominativi da controllare. Gente che voleva controllare i colleghi, i superiori, gli amici dell’asilo, gli ex fidanzati, i fidanzati attuali, le persone con cui escono, i nemici condominiali, quelli che fanno il medesimo lavoro ma sono più affermati, gli insegnanti, celebrità di nicchia (mio fratello mi ha chiesto il reddito di Ricky Memphis), fin’anche alcuni che volevano controllare il proprio di reddito.
Mia madre ancora mi manda messaggi con nomi di parenti a me semisconosciuti e altre conoscenze di quartiere.

Al di là della polemica dunque l’esigenza (o la curiosità) di controllare c’è, eppure nessuno attorno a me ha scaricato. E da quello che mi è sembrato di vedere in pochi l’hanno fatto. Eppure sui giornali era uscito assieme alla notizia anche come fare (in fondo basta connettersi ad eMule, strumento padroneggiato da quasi tutti).

Sembra che l’uso fuori dalle “regole” di strumenti come i software Peer To Peer sia una cosa rifiutata dalla maggioranza delle persone senza un motivo preciso. Scaricare musica non è molto diverso e ugualmente (se non più) illegale, eppure i redditi non li ha guardati quasi nessuno.
Se già sono in pochi ad essere connessi alla rete e di questo pochi usano software P2P, ancora di meno hanno scaricato i file in questione.

La verità è che nonostante tutto quello che si dice e si pensa non c’è una cultura diffusa della consultazione delle informazioni online ma solo una cultura dell’abitudine.
Nel senso che se si è consolidata (ad esempio) l’abitudine di guardare i risultati delle partite in tempo reale online non è perchè è stato introiettato l’uso della ricerca di informazioni in rete, ma perchè quell’abitudine è diventata tale. Dunque ogni variazione viene rifiutata se non da chi (come me e altri) con la rete ha un rapporto diverso da quello della massa (cioè anche lavorativo).

Quello che l’episodio dei redditi online ha dimostrato è stato che ancora non c’è una mentalità all’uso flessibile della rete, ma solo una mentalità all’uso di certe risorse: Wikipedia per la conoscenza, i giornali online per l’attualità, i siti di sport per i dati ecc. ecc. un array molto lungo di luoghi della rete ognuno con un compito preciso ma non una concezione della rete come unica grande risorsa alla quale rivolgersi anche senza sapere in quale luogo preciso dirigersi.

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