La Rete è stata dirottata? La Cina respinge le accuse

Dagli USA piovono accuse verso la Cina per il traffico Internet dirottato nell'aprile scorso, ma il paese asiatico nega ogni responsabilità
La Rete è stata dirottata? La Cina respinge le accuse
Dagli USA piovono accuse verso la Cina per il traffico Internet dirottato nell'aprile scorso, ma il paese asiatico nega ogni responsabilità

Tutto ebbe inizio nell’aprile scorso, più precisamente giovedì 8, quando per 18 minuti il 15% del traffico Internet di tutto il mondo venne dirottato verso server cinesi. L’azione coinvolse, tra i tanti, anche i visitatori e gli utenti di siti Web statunitensi di primaria importanza, come quelli appartenenti all’esercito, al Senato americano e alla NASA. Dopo lunghe indagini, sono giunte dagli USA le prime accuse ai presunti responsabili, rintracciati proprio nello stato asiatico, già tanto discusso e contestato per le sue posizioni in merito alla libertà della Rete.

E sono accuse pesanti quelle provenienti dagli Stati Uniti: il dirottamento del traffico influirebbe non soltanto sulla libertà all’interno della giurisdizione cinese, ma andrebbe invece ad impattare direttamente la libertà in tutto il mondo: cosa che non può essere fatta passare senza una levata di scudi contro le attività di controllo e hijacking poste in essere.

La commissione U.S.-China Economic and Security Review ha infatti pubblicato un corposo documento nel quale si punta il dito verso China Telecom, il più importante gestore dei servizi di comunicazioni operante sul territorio cinese, accusato di aver diffuso informazioni di routing errate con il fine di diventare il nodo di smistamento prediletto per i pacchetti dati provenienti da tutto il pianeta. A stretto giro di posta la replica dei diretti interessati, che smentiscono categoricamente ogni coinvolgimento nella vicenda.

A China Telecom va ovviamente concesso il beneficio del dubbio, almeno in attesa che vengano condotti ulteriori e approfonditi accertamenti. Se l’operatore venisse ritenuto responsabile dell’azione, ci si troverebbe però di fronte a uno scenario poco rassicurante ed i già tesi rapporti tra i due paesi ne uscirebbero inevitabilmente logorati. Con un’azione di hijacking di tale entità sarebbe da presupporre infatti l’interesse dell’azienda cinese a far propri i dati dei navigatori dirottati, con rischi per la privacy e per la sicurezza facilmente ipotizzabili.

Per certi versi, inoltre, un’azione di questo tipo sul traffico internet internazionale rappresenta una invasione vera e propria di attività, proprietà e competenze altrui. Il passo dalla geo-politica alla web-politica è breve e la Cina sembra non aver intenzione di andare per il sottile pur di difendere la propria autorità ed il proprio approccio nei confronti della Rete.

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