La RIAA? Un’organizzazione criminosa in tutto e per tutto. Questa l’opinione di Michele Scimeca, cittadina del New Jersey che si è vista notificare una denuncia a suo nome a causa di una ricerca scolastica per la quale la figlia tredicenne avrebbe fatto uso del software Kazaa.
La stessa opinione, in modo più o meno velato, è già stata espressa anche da altre persone ed altre associazioni, ma questa volta il tutto assume un tono decisamente più marmoreo in quanto dietro alla semplice opinione v’è una precisa denuncia legale con la quale Michele Scimeca intende andare in fondo alla vicenda.
La donna si appella ad un testo direttamente redatto dall’FBI. Nel glossario dei reati definiti dalla giustizia federale, infatti, vige una descrizione generalista che effettivamente, sotto una certa ottica, potrebbe comprendere l’attività di “ricatto” che la RIAA sta perpetrando nei confronti degli utenti. Michele Scimeca sottende propriamente al “racket” indicando come sia sull’intimidazione che l’associazione delle major fa leva per estorcere denaro alle persone accusate e per imporre il proprio regime tra l’utenza.
Al giudice, dunque, passa ora la scottante sentenza. La Corte dovrà verificare se la RIAA rientri o meno nella definizione di organizzazione criminosa espressa dall’FBI: « gruppi o strutturre formalizzate che hanno come obiettivo primario l’ottenimento di denaro tramite attività illegali […] tali gruppi mantengono le proprie posizioni attraverso violenza, corruzione, estorsione […] e generalmente hanno un forte impatto sulla gente della zona, della regione o dello stato».
A prescindere dai giudizi e dell’innegabile coraggio della donna, il caso è importante perchè richiede comunque che la Corte si esprima circa l’operato della RIAA nei confronti dell’utenza della Rete. In un modo o nell’altro, la conclusione della vicenda entrerà comunque nella giurisprudenza statunitense costituendo uno dei tanti tasselli che compongono la storia del file-sharing e della musica digitale.