La seconda vita delle radio sul Web

Nuovi accordi commerciali permetteranno alle web radio di continuare a produrre il proprio business. Dagli 0.19 centesimi per ascolto richiesti dalle major, infatti, si è scesi a 12/14 per le piccole radio o a 0.08 (crescendo a 0.14) per le grandi firme
La seconda vita delle radio sul Web
Nuovi accordi commerciali permetteranno alle web radio di continuare a produrre il proprio business. Dagli 0.19 centesimi per ascolto richiesti dalle major, infatti, si è scesi a 12/14 per le piccole radio o a 0.08 (crescendo a 0.14) per le grandi firme

Erano nate con gran successo. Erano cadute sotto il peso di royalties impossibili. Si sono rialzate grazie ad un nuovo accordo. Ora torneranno a camminare per completare il proprio percorso di crescita, da piccole start-up a grandi realtà della musica online. Le Internet Radio possono festeggiare infatti l’inizio di una seconda vita fatto di nuovi accordi con le major e di margini di guadagno che tornano così a farsi interessanti.

Negli anni passati il settore sembrava definitivamente messo in crisi: le major, tramite il Copyright Royalty Board (CRB) avevano infatti preteso 0.19 centesimi per ogni ascolto online, roba in grado di tagliare le gambe ad ognuna delle web radio esistenti. La protesta fu vivace ma inascoltata: le etichette pretendevano alti introiti per un meccanismo che, pur se appena nato, stava già fatturando per milioni di dollari. Nomi quali Pandora o AccuRadio, ormai entrati nel gergo quotidiano dei navigatori, hanno temuto il peggio e non hanno nascosto le proprie preoccupazioni: con un simile livello di royalties i margini erano annullati ed il business era destinato a decadere. La cosa avrebbe ovviamente causato un danno anche per le etichette, le quali perdevano così una opportunità di guadagno da un mercato complementare (e non alternativo) a quello dell’acquisto dei cd e dell’ascolto sulle radio tradizionali.

L’accordo, pertanto, è stata logica conseguenza di un reciproco vantaggio: le royalties hanno avuto nuova composizione, la sperimentazione avrà durata pluriennale e le grandi firme potranno convivere con le piccole radio a monte di una barriera in entrata quantificata in 25 mila dollari di esborso una tantum. Per le grandi radio (il New York Times cita nello specifico Pandora e Slacker) vi sarà duplice scelta tra il 25% delle entrate o un fisso per ogni singolo ascolto, partendo da 0.08 centesimi attuali a salire fino a 0.14 centesimi nel 2015 (parametro retroattivo, partendo dalle prime incomprensioni datate 2006). I gruppi al di sotto degli 1.25 milioni di dollari annuali, invece, avranno un tariffario basato su 12/14 centesimi per singola riproduzione in streaming.

Pandora, nel frattempo, annuncia una piccola importante novità in un post pubblicato contestualmente all’annuncio dei nuovi accordi: una piccola parte dell’utenza della web radio sarà invitata ad entrare in una formula d’uso a pagamento. Trattasi di una piccola percentuale (10% circa) degli 11.5 milioni di utenti mensili del servizio, e si tratta di coloro i quali fanno uso intensivo della radio. La somma richiesta sarà al tempo stesso minima: 99 centesimi appena per sbloccare gli ascolti che superano le 40 ore mensili concesse a titolo gratuito. «Odiamo l’idea di limitare l’ascolto di qualcuno, ma non abbiamo scelta di fronte alla necessità di reagire alla realtà economica delle nuove tariffe». L’utenza che già oggi paga 36 dollari per il proprio account illimitato Pandora One non vedrà invece modificato in alcun modo il proprio piano di abbonamento.

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