Il sito web ufficiale ancora non rende nota la cosa, ma da La Stampa è possibile apprendere dell’ufficialità della notizia: la SIAE ha preso posizione schierandosi contro Google a tutela dei detentori di copyright italiani. Il caso è quello noto del Book Search, dal quale ora potrebbe quindi sparire gran parte dei testi italiani a causa dell’ostruzionismo manifestato dopo pochi giorni di analisi della proposta proveniente da Mountain View. La posizione della SIAE è netta: la Società Italiana degli Autori ed Editori parteciperà alla class action contro Google tentando di far così rispettare i diritti d’autore dei propri assistiti.
Spiega la SIAE: «se approvata dal Tribunale, autorizzerà Google ad eseguire la scansione di libri e contenuti di libri protetti da copyright negli Stati Uniti e a gestire un database elettronico di libri. Tramite un registro dei diritti dei libri, Google pagherà ai possessori dei diritti il 63% di tutti i guadagni provenienti da tali usi […] pagherà 34,5 milioni di dollari per costruire e finanziare le operazioni iniziali del Registro e per i costi di amministrazione della notifica e della transazione nonchè un minimo di 45 milioni di dollari per i pagamenti in contanti agli aventi diritto dei libri e dei contenuti che Google sottopone a scansione prima della scadenza dell’eventuale rinuncia alla transazione».
L’offensiva della SIAE giunge però armata: la Società, infatti, si presenta innanzitutto con le parole del presidente Giorgio Assumma, a cui fanno coro nomi noti tra coloro i quali vedranno i propri libri finire nello stomaco digitale dei server Mountain View: «La soluzione migliore sarebbe trovare un accordo con tutta la filiera dei soggetti implicati nella divulgazione delle opere, in primo luogo con i providers. Internet consente agli autori di mettere in rete le loro opere diventando autori e editori di sé stessi.È interesse degli autori permettere ai fruitori della rete di accedere alle loro opere. Questo però non deve comportare il sacrificio della proprietà artistica e letteraria riconosciuta agli autori da oltre un secolo».
È tutto in un lancio d’agenzia Adnkronos. La parola passa a Francesco Alberoni, nome già noto alla Rete per alcune improbabili posizioni assunte nelle settimane scorse: «Premesso che anch’io ho messo alcune parte di miei libri liberamente accessibili sul mio sito internet, specialmente per gli studenti cinesi in attesa della pubblicazione in volume di alcune mie opere, quello che fa Google senza rispettare il diritto d’autore non è altro che un furto. Non si fa così e sono d’accordo con chi intraprenderà un’azione legale per far rispettare il proprio lavoro». Quindi Gianni Vattimo: «In generale sono per la libera circolazione delle idee sulla rete e per quanto mi riguarda sono ben felice se le mie idee trovano larga eco sul web. Personalmente, quindi, non farei mai un’azione legale di recupero crediti. Cosa diversa è se si muove un editore o il mio editore in particolare».
Tullio de Mauro è l’unico a riservarsi un giudizio postumo, mentre il plotone anti-Google si arricchisce di Marcello Veneziani (« In quanto autore, sono contento che ci sia una maggiore vigilanza sul rispetto del diritto d’autore, specie su internet») e Pierangelo Buttafuoco («Talvolta l’uso delle informazioni su internet è quanto di più prossimo alla spazzatura. Anche tutto ciò che travalica il rispetto del diritto d’autore non fa altro che provocare disastri su disastri. Resta intatta la necessità di potersi garantire dal punto di vista legale, ma su internet è difficilissimo»).