Nelle scorse settimane abbiamo avuto modo di analizzare in maniera diretta più forme di assunzione, con approfondimenti mirati allo studio dei diversi contratti. Questi ultimi, tuttavia, vengono inclusi all’interno di tre grandi categorie principali, che li suddividono per autonomia del lavoratore, diritti e obblighi.
Regolato dall’articolo 2222 del Codice Civile, il più “libero” è sicuramente il lavoratore cosiddetto Autonomo. Egli ha l’obbligo di corrispondere un’opera o un servizio, ma opera senza nessun vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
È quello che, in sintesi, prende il nome di obbligazione di risultato: il lavoratore autonomo garantisce il risultato, ma non è obbligato a mettere a disposizione la propria forza lavoro per un determinato tempo.
Quest’ultima è, invece, una peculiarità di quei contratti detti Subordinati. Si tratta della categoria d’assunzione più diffusa in assoluto, ed è caratterizzata dall’assoggettamento del prestatore di lavoro nei confronti del datore di lavoro.
È quest’ultimo, infatti, a determinare tempi e modalità di lavoro del lavoratore, secondo una serie di principi legislativi, come la continuità della prestazione, orari ben precisi, nessun rischio sul lavoro e un’adeguata remunerazione.
Nel mezzo, troviamo poi la categoria dei Parasubordinati, ancora oggetto di discussione giuridica e caratterizzata da parametri intermedi tra i lavoratori autonomi e quelli subordinati.
In sintesi, e a detta del Codice Civile, egli, pur essendo assoggettato ad un datore di lavoro, deve poter godere di una certa autonomia negoziale. Tuttavia, tale categoria dovrà prevedere una regolamentazione più adeguata, che vada a sostituire i “dubbi” che oggi sorgono su di essa.