La Tassa di Concessione Governativa, è quel balzello richiesto dallo Stato a chi beneficia di determinati provvedimenti amministrativi ai sensi dell’ articolo n. 21 DPR 26 ottobre 1972, n. 641 (Disciplina delle tasse sulle concessioni governative). Tra questi provvedimenti amministrativi rientrano licenze, autorizzazioni ed anche gli abbonamenti della telefonia mobile. Chi dunque è in possesso di un abbonamento presso un gestore di telefonia mobile italiano, sa che ogni mese deve pagare, oltre al canone del servizio, anche 5,16 euro, se si è cliente Privato, o 12,91 euro, se si è cliente Business. Sulla liceità della Tassa di Concessione Governativa è in atto oggi però un forte dibattito circa la sua effettiva legittimità.
In prima linea su questo tema è possibile trovare infatti le Associazioni dei Consumatori, che affermano come oggi questo balzello sia illegittimo perché abrogato dal D.Lgs. n. 259 del 2003, cioè dal nuovo Codice delle Comunicazioni elettroniche. Infatti, nello specifico, l’articolo n. 218 ha espressamente abrogato l’art. 318 del DPR 156/73, quindi ha abrogato la norma su cui poggiava il presupposto normativo della liceità della Tassa di Concessione Governativa. L’articolo n. 318 stabiliva in parole povere che presso ogni stazione radioelettrica a cui fosse stato concesso l’utilizzo, doveva venire conservata la licenza rilasciata dall’Amministrazione. Paragonare una stazione radioelettrica ad un cellulare può sembrare una forzatura, ma su questo articolo si basa ancora oggi il presupposto normativo della Tassa di Concessione Governativa.
Siccome però l’articolo n. 318 è stato abrogato, per le associazioni dei consumatori e non solo, la Tassa di Concessione Governativa non ha più senso di esistere ed è ad oggi illegittima. In merito, ci sono stati molti ricorsi effettuati presso tribunali locali, conclusi con alterne fortune. Per esempio, la C.T. (Commissione Tributaria) Prov. Macerata 17 maggio 2012 n. 76/2/12 che, accogliendo il ricorso di un Comune, ha affermato che la tassa di concessione governativa non è dovuta in quanto “dall’entrata in vigore del D.Lgs. 259/03 non esiste più il presupposto normativo dell’applicazione dell’art. 21 della tariffa allegata al DPR 641/72″.
Sulla stessa linea anche la C.T. Prov. Treviso 17 dicembre 2012 n. 98/4/12, secondo cui il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche (DLgs. 259/2003, in vigore dal 16 settembre 2003) «non prevede in nessun caso licenze o autorizzazioni, in nessuna forma, per il possesso e l’utilizzo di attrezzature idonee ad accedere alle reti di comunicazione, sia da parte di privati che di imprese od enti». Per queste ragioni, la C.T. Prov. Treviso ha addirittura obbligato l’Agenzia delle Entrate a rimborsare la tassa di concessione governativa pagata per i telefoni cellulari.
Ovviamente non mancano anche le sentenze favorevoli all’esistenza di questo balzello. Per esempio, la C.T. Prov. Reggio Emilia, sentenza 19 luglio 2010 n. 133/01/10, ha affermato che è soggetto alla tassa «la licenza, o suo documento sostitutivo, ad es. il titolo d’abbonamento, per l’impiego di apparecchiature terminali, per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione». Secondo la citata sentenza l’abrogazione dell’art. 318 sarebbe dovuta alle mutate tecnologie, ma ciò non influirebbe sulla vigenza dell’art. 21 della tariffa, che non è stato abrogato e che continua ad applicarsi.
Come è facilmente intuibile, il quadro normativo è pertanto oggi molto confuso. L’Agenzia delle Entrate fa sapere inoltre che:
la tassa sulle concessioni governative è dovuta quando viene rilasciato all’utente un documento attestante la sua condizione di abbonato, in quanto il contratto di abbonamento rappresenta il titolo giuridico che consente all’utente di utilizzare il sistema di telefonia mobile.
Questo ovviamente non toglie il diritto a nessuno, sia esso una persona fisica che un ente, a provare a fare ricorso per richiedere la restituzione allo Stato della Tassa di Concessione Governativa. Tuttavia, proprio a causa dell’incertezza normativa e della diversità di vedute tra la posizione ministeriale e le Commissioni Tributarie locali, ben difficilmente si potrà avere una risposta certa in tempi brevi.
L’unico modo per risolvere definitivamente questa problematica è l’intervento di un organo giurisprudenziale più autorevole che faccia luce sulla questione una volta per tutte. La differenza per il consumatore potrebbe essere sostanziale.