Il merito dell’iniziativa “Diamo all’Italia una strategia digitale” (“Agenda Digitale“) è quello di aver acceso un faro su un argomento spinoso e delicato che spesso la politica ignora (per dolo, per strategia o per opportunismo). Creando attenzione attorno al problema, le parti politiche si trovano così in qualche modo forzate a dare il loro contributo, a portare sotto gli occhi degli utenti programmi precisi che alla prossima tornata elettorale saranno messi sul bilancino prima di mettere la croce sul simbolo preferito. La prima risposta concreta all’appello per una Agenda Digitale italiana è giunta dal Partito Democratico.
A firmare il documento è Paolo Gentiloni, identificato dal partito come il responsabile per le comunicazioni. Gentiloni introduce così la propria complessa disamina: «Il quadro d’insieme è quello di un governo “televisivo” che nei confronti dei media diversi dalla tv alterna indifferenza, tagli e misure discriminatorie spesso segnate dal conflitto d’interessi. E che, in particolare verso Internet e la sua libertà, manifesta una certa ostilità. Appare assai lontana la consapevolezza del rischio per l’Italia di restare indietro nell’era digitale: siamo l’ottava economia industriale ma solo la ventesima economia digitale al mondo. Eppure il futuro del digitale non riguarda lo sviluppo di un settore ma è condizione di crescita dell’intera economia. Per questo gli investimenti in questo campo vedono sestuplicato il loro valore».
Il PD divide la propria proposta in 4 punti:
- Garantire il diritto all’accesso al digitale a tutti i cittadini
Su questo punto il programma è chiaro: l’accesso ad Internet va considerato come il nuovo servizio universale. In questa definizione si comprende un impegno variegato ed organico verso l’annullamento del digital divide sia tecnico (in termini di connettività) che culturale (in termini di capacità e propensione). Il tutto senza illusioni devianti: «In generale, si tratta di garantire livelli crescenti di inclusione, senza farsi abbagliare da un miope tecno-ottimismo: garantire la connettività è un prerequisito imprescindibile ma rappresenta solo il primo passo verso una vera cittadinanza digitale»; - Investire sulle reti per assicurare a tutti i cittadini un’offerta digitale adeguata e competitiva
L’Agenda Digitale italiana deve prevedere forti investimenti per portare ovunque la banda larga, garantendo il 100% di copertura entro 2/3 anni guardando però oltre fin da subito: «Per realizzare un’infrastruttura di rete in fibra capillare e di qualità occorre individuare un modello italiano, replicabile su base territoriale, che consenta di diluire gli investimenti ed aumentare il numero degli investitori che possono trarre un immediato beneficio locale. Gli enti locali stanno ben cogliendo con le proprie iniziative territoriali il fatto che non esiste un’unica rete ma una rete di reti interconnesse tra loro, realizzate con tecnologie diverse, anche da operatori economici differenti, purché seguendo standard internazionali ed interoperabili». A questo impegno si deve aggiungere lo sviluppo di reti LTE per il mobile sfruttando al meglio la banda degli 800Mhz che la tv lascia libera nel passaggio al digitale terrestre; - Sviluppare i contenuti digitali e contribuire a ridurre il divario della nostra domanda
Il traino verso la rete ed i risparmi che consente va creato sviluppando servizi realmente efficienti. La Pubblica Amministrazione può essere in tal senso un elemento chiave, poiché può trarre dalla rete ingenti risorse ed al tempo stesso può portare online fasce di popolazione oggi lontane da tali strumenti. Lo sviluppo dei servizi online va accompagnato però con corsi di alfabetizzazione, maggior copertura della banda larga sul territorio e l’obbligatorietà d’uso di firma digitale ed altri strumenti fondamentali. A tutto ciò si aggiunge inoltre la necessità di interventi di stimolo nei confronti dell’e-commerce e delle start-up, anelli deboli che in prospettiva potrebbero però farsi assolutamente centrali in questo quadro; - Aggiornare il quadro normativo e regolatorio per salvaguardare la neutralità della Rete
Punto primo, la Net Neutrality: «Sul tema della neutralità tecnologica, occorre accelerare il recepimento dei principi contenuti nel quadro europeo delle TLC e cominciare a porre il problema di una cornice regolatoria che salvaguardi la libera navigazione nella Rete dalla minaccia costituita dal peso preponderante dei circuiti chiusi costituiti attorno ai grandi motori di ricerca o al binomio tra device e applicazioni in piattaforme proprietarie».
Punto secondo, le normative sul copyright: «Sul diritto d’autore, riteniamo conciliabile la libertà della Rete con la valorizzazione delle opere dell’ingegno. A due condizioni: che ben si comprenda che l’essenziale è promuovere il consumo legale dei prodotti culturali in rete; e che non ci si illuda su scorciatoie repressive o di tassazione. Il nuovo Regolamento Agcom sul diritto d’autore sembra andare in una direzione positiva».
Punto terzo, la privacy: «Vanno in particolare sostenute le richieste stringenti e coordinate dei garanti europei nei confronti di piattaforme e motori di ricerca».
Il piano è portato online nero su bianco e funge da manifesto programmatico del PD in caso di elezioni. L’appello dei firmatari dell’appello per una Agenda Digitale avranno il dovere di monitorare la fedeltà degli atti con le promesse elargite, ma al contempo occorre attendere anche l’interventi delle altre parti politiche sul merito delle riforme necessarie. L’Agenda Digitale non ha colori, ma è intrisa di ideologie: l’Italia deve poter scegliere a chi affidare la guida del paese anche sulla base di quanto espresso su un tema tanto fondamentale per il futuro sociale, economico e legislativo del paese.