Largo a chi masterizza

Le ricerche rivelano: un cd su tre è pirata. E così le case discografiche decidono di fare di necessità virtù e firmano accordi tramite i quali, di fatto, legalizzano le masterizzazioni casalinghe.
Largo a chi masterizza
Le ricerche rivelano: un cd su tre è pirata. E così le case discografiche decidono di fare di necessità virtù e firmano accordi tramite i quali, di fatto, legalizzano le masterizzazioni casalinghe.

Non si placano le acque nel mondo della musica digitale.
Proprio nei giorni in cui una ricerca
rivela che, tra tutti i cd venduti lo scorso anno nel mondo, uno su tre era
pirata
, le principali case discografiche del pianeta prendono atto della
situazione ed entrano con decisione nel campo dei masterizzatori casalinghi.

La notizia è di oggi: la International
Federation of the Phonographic Industry
(IFPI) ha condotto una ricerca
scoprendo che, nel corso del 2000, la pirateria musicale ha avuto un incremento
del 25 percento; i cd pirati messi in circolazione nel mondo sono stati circa 165
milioni
. Il volume mondiale di affari in questo campo supera i 9 mila
miliardi di lire.

I mercati in cui il settore si dimostra più florido sono
quello cinese e quello russo. L’Italia è al quinto posto nella classifica
mondiale, subito dietro Messico e Brasile. La pirateria sta inoltre fiorendo in
Spagna, Malesia, Grecia, Olanda, Repubblica Ceca e Croazia. Molti cd vengono
copiati direttamente dagli originali; ma è significativa la quota di dischi
realizzati con gli MP3 scaricati da Internet. La IFPI, a questo proposito, è
categorica: Internet è «un medium per la pirateria al cento percento».

La federazione ha richiesto una nuova legislazione che regoli
la distribuzione di musica su Internet; inoltre, dal 1998, ha messo insieme un
team di 50 esperti antipirateria che collabora con i governi di tutto il mondo.
Ma, nonostante questi buoni propositi, la battaglia contro i cd masterizzati sembra
estremamente ardua
. Ne sia testimonianza il fatto che, proprio in questi
giorni, le maggiori case discografiche mondiali stanno mettendo da parte la
strategia di scontro frontale, cercando in qualche modo di fare di necessità
virtù.

La prima a
muoversi
è stata la EMI, acquistando
una quota di minoranza di Roxio, azienda da
sempre impegnata nella produzione di software per la registrazione della musica
sui cd vergini. Si è trattato della prima volta in cui una “major” abbia supportato
la masterizzazione dei cd come modo per aumentare i propri profitti.

A stretto giro di posta è arrivata la contromossa della Sony, altro gigante dell’industria
discografica. L’industria giapponese ha siglato con MusicMatch un
accordo grazie al quale il software Jukebox, ideato per trasferire MP3 su cd,
sarà inserito nella confezione dei masterizzatori Sony. L’accordo, di fatto,
legalizza la pratica della masterizzazione casalinga dei Cd musicali.

Sembrano lontani i tempi in cui le “cinque sorelle” della
discografia (Bertelsmann, EMI, Sony, Time Warner ed Universal) demolivano Napster a colpi di sentenze; adesso la
parola d’ordine sembra essere «combattere sullo stesso terreno». Una tendenza
in atto già da alcuni mesi, da quando, cioè, le case discografiche avevano fatto il loro ingresso in
servizi legali di file-sharing e di streaming, come MusicNet e Duet (ora PressPlay).

Le “major” devono
aver compreso che il P2P sarà un fenomeno duro da sradicare, così come la
masterizzazione dei cd; e non potendo trarre profitti dall’industria della
pirateria (che si configura come una vera e propria organizzazione criminale
internazionale) hanno pensato di guadagnare qualcosa almeno da chi scarica
MP3 da Internet e registra i propri cd per uso personale, senza finalità di
lucro.

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