«Vorrei ringraziare tutte e tutti per i tanti attestati di solidarietà arrivati da parte di cittadini, associazioni, esponenti politici, sindacali, religiosi e rappresentanti istituzionali. Desidero anche ribadire il senso dell’intervista con Concita De Gregorio, uscita ieri su Repubblica, in merito alle diffamazioni, alle minacce, alle intimidazioni che mi riguardano diffuse attraverso il web»: con queste parole pubblicate su Facebook, il Presidente della Camera Laura Boldrini, ha voluto introdurre una precisazione importante alle proprie parole pubblicate su La Repubblica, parole che in poche ore hanno alzato un obbligato polverone poiché ipotizzavano l’introduzione di leggi speciali per controllare il Web con maggior severità.
La polemica nasce dal fatto che la Boldrini ha mischiato violenza e Web con un nesso logico tanto debole quanto strumentale; il tutto, inoltre, rilanciato poche ore più tardi dal controcanto del Presidente del Senato Pietro Grasso, secondo cui l’introduzione di “leggi speciali per il Web” è nell’ordine delle cose ipotizzabili per il prossimo esecutivo. Dalla Boldrini giunge però una rettifica che sembra essere qualcosa di ben più più importante di una semplice precisazione: una sorta di passo indietro, insomma, che parte dalle parole usate e non usate, dai virgolettati veri o presunti, per giungere a tratteggiare un significato molto differente di quel che l’intervista a Concita De Gregorio lasciava intendere.
Nell’intervista non parlo mai né di anarchia, né di censura, né della necessità di una nuova legge.
#ilrumoredeinemici
storia di una guerra ideologicaAnzi, proprio perché credo nel potenziale partecipativo e democratico della rete, ho voluto attivare ed utilizzo quotidianamente, da presidente della Camera, una pagina facebook ed un profilo twitter, che considero strumenti utili al confronto e al dialogo. Ci tengo, anche con questi mezzi, ad accorciare le distanze tra le istituzioni ed i cittadini. Ma le minacce, gli insulti, le intimidazioni, la violenza non sono mai accettabili, né dentro il web né fuori.
Parole, in questo caso, ineccepibili. E che descrivono qualcosa di profondamente diverso: nessuna “anarchia” (come indicato invece dal titolo de La Repubblica), nessun atto censorio (come ipotizzato da quanti vedevano nel controllo del team della Boldrini un incipit all’epurazione poi avviata dagli organi che hanno avviato le indagini), nessuna nuova legge speciale necessaria. Ed inoltre Web e non-Web vengono messi a pari livello, così come la realtà dei fatti già prevede presso le aule della Giustizia. E chiude:
Nell’intervista, dunque, intendevo aprire un confronto sulla violenza contro le donne, che si manifesta anche attraverso internet. Un raffronto può servire. La pedopornografia, in rete, viene seguita e perseguita con attenzione e preoccupazione. Quello che di sconcio accade contro le donne viene, invece, spesso sottovalutato e ridotto a goliardata machista. È un problema che deve riguardare tutti, non solo noi donne. L’obiettivo è arginare la violenza. Sono certa che saprà condividerlo anche chi ha giustamente a cuore la libertá della rete.
Grazie per la solidarietà. Mai parlato di anarchia o nuova legge per web. Obiettivo è arginare la violenza contro le donne, anche in rete.
— Laura Boldrini (@lauraboldrini) May 4, 2013
Arginare la violenza è nell’interesse di tutti. Le modalità per intervenire sono molte, anzitutto segnalando ad esempio alle autorità eventuali email violente ricevute; oppure segnalando a Facebook eventuali messaggi “forti”, così che si possa eventualmente allertare la Polizia ed individuare con chiarezza il responsabile. Per arginare la violenza si possono fare molte cose, tranne prevedere leggi “speciali” che punirebbero uno strumento invece che i suoi utilizzatori molesti. La Presidenza della Camera sembra ora essere d’accordo con questo tipo di approccio al problema e chiede un dibattito sereno per capire come rendere più sicuro l’ambiente online e più difficile per i violenti la manifestazione dei loro istinti.
Le parole della Boldrini rasserenano l’ambiente e coloro i quali hanno (a ragione) intravisto il ritorno di fiamma di un certo tipo di cultura giustizialista nei confronti del Web. E sono parole esaustive: un colpo di spugna su tutte le polemiche ed un chiarimento che sembra chiudere in modo definitivo l’inconveniente. Fino a prova contraria. O fino al prossimo politico che penserà a “leggi speciali” per frenare il Web in virtù della sua capacità di veicolare pulsioni umane, come ripetutamente avvenuto negli anni passati.