Le aziende si trovano spesso nella situazione di scegliere fra candidati teoricamente molto preparati, ma che in realtà hanno ricevuto una formazione non idonea al lavoro, e candidati che non hanno alcuna preparazione teorica ma ne hanno una, a volte anche imponente, sul campo.
Nessun candidato quindi deve dare eccessivamente peso ai suoi studi e questo perché le aziende stesse non possono permettersi, a livello puramente monetario, di valorizzare una formazione per loro inutile.
Rimane l’istruzione privata (master e corsi specialistici), un baluardo dell’inserimento in una posizione lavorativa migliore e un sospiro di sollievo per aziende che, altrimenti, dovrebbero basarsi su rapporti di fiducia e conoscenza.
Ma mentre le aziende italiane hanno fatto crescere la domanda di diplomati dal 32% del 2001 al 35% di quest’anno, la domanda di laureati è cresciuta solo dal 7,2 al 9%. Viene naturale chiedersi come mai su 450 mila maturi, quest’anno 325 mila abbiano intrapreso una carriera universitaria che le aziende sembrano considerare ormai “fuori corso”.