Sul proprio sito Web la SIAE torna a ribadire le proprie posizioni in favore di una regolamentazione più rigida e severa in tema di diritto d’autore. La Società Italiana degli Autori ed Editori, in collaborazione con Confindustria Cultura Italia, invoca “pari dignità” e porta avanti la propria battaglia con 10 domande, dieci spunti estremamente provocatori sui quali intende costruire la propria arringa contro il male assoluto della condivisione online.
Le dieci domande sono accompagnate da un invito: «Auspichiamo che il regolamento AGCOM in quella che sarà la sua definitiva formulazione possa essere realmente efficace. Non vogliamo sottrarci al dibattito e al confronto ma è necessario che le soluzioni vengano individuate, e al più presto». Come noto, il regolamento AGCOM è già stato rivisto rispetto alla formulazione originale ed ora rimarrà in consultazione pubblica per 60 giorni in attesa di una sua nuova discussione entro il mese di settembre.
Questi i dueci punti interrogativi proposti da SIAE e Confindustria:
- Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?
- Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?
- Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?
- Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?
- Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?
- Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?
- Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?
- Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?
- Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?
- Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “figli di un Dio minore”?
Il comunicato è accompagnato ancora una volta (come già in precedenza su una pubblicazione comparsa sul Sole 24 Ore) da una lunga serie di firme altisonanti, la cui citazione aggiunge qualcosa di significativo al nocciolo dell’appello SIAE. Tra i vari nomi si contano Claudio Baglioni, Dodi Battaglia, Pippo Baudo, Fred Bongusto, Alvise Borghi, Albano Carrisi, Caterina Caselli, Carmen Consoli, Paolo Conte, Lucio Dalla, Gigi d’Alessio, Riccardo del Turco, Tullio de Piscopo, Francesco Facchinetti, Roby Facchinetti, Dori Ghezzi, Ricky Gianco, Fausto Leali, Paolo Limiti, Amedeo Minghi, Michele Mirabella, Mogol, Claudia Mori, Ennio Morricone, Gino Paoli, Nicola Piovani, Memo Remigi, Enrico Ruggeri, Enrico Vanzina, Antonello Venditti, Beppe Vessicchio, Edoardo Vianello e tutta una serie di sigle in rappresentanza di associazioni quali AGIS, ANES, ANICA, FIMI, Univideo ed altre ancora.