Le Fiamme Gialle negli uffici di Google Italia

In una interrogazione alla Camera, il sottosegretario all'Economia rivela delle verifiche in atto della Guardia di finanza nella sede di Google Italia.
Le Fiamme Gialle negli uffici di Google Italia
In una interrogazione alla Camera, il sottosegretario all'Economia rivela delle verifiche in atto della Guardia di finanza nella sede di Google Italia.

Google è indagata per presunta evasione fiscale. La questione dei rapporti tra il colosso di Mountain View e il fisco dei vari paesi in cui opera è ormai nota: queste multinazionali hanno ideato un sistema, definito Double Irish Dutch sandwich, che permette – legalmente, secondo Big G – di movimentare all’estero i guadagni per abbassare l’imposizione fiscale. A quanto pare però le fiamme gialle vogliono vederci chiaro visto che, dopo le visite del 2007, il nucleo della polizia tributaria di Milano ha avviato una ulteriore verifica.

La notizia è trapelata dopo l’interrogazione (qui) del deputato Stefano Graziano (Pd) in commissione alla Camera, alla quale ha dato risposta immediata il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani. Il deputato ha premesso che le attività di Google svolte nel nostro Paese «sono da anni al centro di un’indagine condotta dalle autorità fiscali» e ha chiesto se corrispondesse al vero che «l’amministrazione finanziaria avrebbe mosso contestazioni nei confronti di Google». La parole dell’on. Graziano sono molto esplicite:

In Italia i ricavi del gruppo avrebbero superato 400 milioni di euro nel 2009, 550 nel 2011 e probabilmente 700 milioni in quest’anno, a fronte di un mancato versamento di imposte per altre centinaia di milioni a favore di un’azienda che nel mercato della raccolta pubblicitaria destinata al web incrementa di continuo i suoi affari.

La contestazione è stata confermata dal sottosegretario: dal 26 novembre Google è sotto l’occhio della GdF. Ceriani ha inoltre ricordato un fatto noto: dalla verifica svolta dalla Guardia di Finanza di Milano nel maggio 2007 emerse che secondo i funzionari nei quattro anni precedenti Google Italia non aveva dichiarato redditi per 240 milioni e non aveva versato Iva per oltre 96 milioni. Il sottosegretario ha fornito anche una prospettiva metodologica:

Per contrastare efficacemente fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva avanti scala transnazionale si sta procedendo, in base a un primo screening delle risultanze dell’attività di tutoraggio dei grandi contribuenti, a una selezione di posizioni che possano dar luogo a una mirata attività di controllo fiscale nei confronti dei gruppi multinazionali attivi nel settore dell’elettronica e dell’e-commerce e le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica italiana e internazionale.

È immaginabile come nei prossimi giorni (e forse anche settimane) si parlerà diffusamente della questione. Per molte ragioni: la forte notorietà del presunto evasore, il clima ostile dell’opinione pubblica, stretta dalla crisi economica, ma anche l’originale coincidenza per cui attualmente a palazzo Chigi siede Mario Monti, l’uomo che in qualità di commissario europeo alla concorrenza vinse la battaglia contro la Microsoft e ottenne la maxi multa miliardaria che decretò la separazione tra sistema operativo e browser.

Google, da par suo, ha già fatto sapere di considerare del tutto legale la propria condotta:

Google rispetta le leggi fiscali in tutti i Paesi in cui opera e siamo fiduciosi di rispettare anche la legge italiana. Continueremo a collaborare con le autorità locali per rispondere alle loro domande relative a Google Italy e ai nostri servizi.

Il problema è che sembra trattarsi di un possibile caso di maxi elusione fiscale, non di una vera e propria evasione. In questo caso è come se avessero ragione entrambe le parti: lo Stato, che avoca a sé le tasse su quei profitti, e Google che sfruttando i gangli delle regole comunitarie riesce a scegliere su quale legislazione fiscale apporli. La soluzione dovrebbe a questo punto venire più da Bruxelles che da Roma.

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