In Italia si sono oltre 150.000 aziende iscritte a Confindustria PMI, e tutte potrebbero diventare piccoli incubatori per startup. Lo sostiene l’associazione di categoria che ha lanciato insieme a Intesa-SanPaolo il programma Adottup, nel quale le migliori idee saranno valutate da una commissione e potranno in seguito essere adottate da un piccola impresa.
Adottup, presentato alla recente Fiera delle startup, è frutto dell’accordo (PDF) siglato in marzo tra Piccola Industria e Intesa Sanpaolo, nel quale impresa e banca mettono in campo le rispettive risorse per ideare nuovi supporti a sostegno dell’imprenditorialità. Il processo si compone di questi elementi, dove ciascuno mette la sua parte: lo startupper può partecipare gratuitamente al programma sottoponendo la sua idea a officineformative.it/adottup, la piattaforma di Intesa-SanPaolo che collega al programma di alta formazione; una commissione congiunta Confindustria-Gruppo Intesa SanPaolo giudica valore e fattibilità; se l’idea è buona viene messa in vetrina, direttamente pubblicizzata all’interno del sistema di Confindustria.
Il vademecum curato da Luca De Biase (Editor di Nòva24) e Emilio Paccioretti (Direttore del Master in Management delle Piccole Imprese alla LIUC), racconta nel dettaglio lo spirito del programma e spiega anche le ragioni di questo asse piccola impresa-startup. I motivi per i quali è una buona idea farsi adottare da un’impresa sono sei:
- Si usufruiscono di servizi già esistenti;
- Si arricchiscono le proprie competenze pragmatiche;
- Le tecnologie trasversali sono a disposizione;
- Si dispone di maggiori opportunità finanziarie;
- Le risorse organizzative vengono condivise;
- Si utilizzano canali commerciali già esistenti.
Come funziona e cosa promette
Il programma – sempre aperto e che periodicamente illustrerà le startup in vetrina – assomiglia, nella prima parte, a un percorso classico di formazione e selezione delle startup: si inserisce l’idea, l’Officina trasforma l’idea grezza in una possibile impresa. I vantaggi dell’OFF sono parecchi e legati all’impegno economico del gruppo bancario, che aiuta sia le aziende tutor con soluzioni finanziarie per l’acquisto di tecnologia o per aumenti di capitale finalizzati all’acquisto di partecipazioni nella startup adottata, sia le startup medesime, con un finanziamento per investimenti materiali e immateriali di durata massima pari a 10 anni, specifico per queste nuove imprese (entro 24 mesi dall’avvio attività, 48 mesi in caso di «Startup innovative» secondo la legge 221).
La diversità, originale, sta proprio nell’adozione da parte di una piccola impresa, che scommette su un principio: una piccola impresa è spesso meglio di un incubatore perché può contare sull’effetto moltiplicatore dell’imprenditorialità. Qualche caso di successo in Italia esiste già. In realtà, considerando il complesso ecosistema delle startup, gli incubatori sono il primo livello di finanziamento, il loro business sta nel far germogliare un’impresa innovativa.
Si potrebbe dire che l’adozione PMI-startup a seguito di un percorso formativo ha l’ambizione di superare questo primo passo e guardare direttamente all’attività sul mercato, bypassando le prime due fasi – incubatore, angel investor – fondendoli in uno soltanto e puntando tutto sulla cultura d’impresa. È necessario però qualche sforzo da parte delle startup perché l’adozione funzioni, soprattutto essere disponibili a imparare, ed avere una grande apertura mentale, perché spesso l’imprenditore già avviato parla una lingua diversa, ma che racconta un’esperienza.