Le Università cinesi respingono le accuse

Due Università cinesi sono state additate come l'origine dell'attacco informatico a Google e ad altri gruppi USA. Le Università, però, respingono ogni accusa e ritengono il report del tutto privo di merito. Al centro della contesa la bontà di un numero IP
Le Università cinesi respingono le accuse
Due Università cinesi sono state additate come l'origine dell'attacco informatico a Google e ad altri gruppi USA. Le Università, però, respingono ogni accusa e ritengono il report del tutto privo di merito. Al centro della contesa la bontà di un numero IP

Le Università cinesi non ci stanno e respingono al mittente le accuse. L’attacco a Google, insomma, non proverrebbe da infausti esperimenti accademici, né da tecnologici passatempo di studenti interessati alle tecniche dell’hacking. Il teorema lanciato nei giorni scorsi dal New York Times, insomma, viene smontato e definito strumentale. La battaglia tra Cina e USA continua pertanto con uno scambio di accuse che entra poco nel merito, ma che conferma tutte le frizioni in atto tra le parti.

Sotto accusa erano i poli accademici Jiaotong University e Lanxiang Vocational School. Secondo i media statunitensi l’indirizzo IP utilizzato negli attacchi a Google e gli altri (mai perfettamente precisati) gruppi occidentali colpiti dalla recente offensiva informatica sarebbe inequivocabilmente relativo alle due Università. Attorno a questo indizio, inoltre, è stata costruita una ulteriore elaborazione che è giunta ad identificare la classe dell’attacco, il possibile professore ucraino coinvolto ed un retroscena fosco relativo ai legami tra le Università e l’esercito. Dietro tutto ciò, insomma, vi sarebbe stato il disegno offensivo delle istituzioni e di gruppi interessati alle proprietà intellettuali dei gruppi USA attaccati.

La Jiaotong University e la Lanxiang Vocational School tramite l’agenzia Xinhua hanno definito il report del NYT come poco equilibrato e privo di oggettività. L’indirizzo IP, infatti, potrebbe essere tranquillamente falsificato in fase di attacco e la cosa smonterebbe sul nascere ogni accusa (possibilità, peraltro, non negata dal New York Times, sebbene scarsamente considerata nell’elaborazione dell’intero teorema accusatorio nei confronti delle istituzioni del paese orientale). Le parti competenti spiegano inoltre che le indagini interne, tutt’ora in corso, non hanno evidenziato attività irregolari da parte degli studenti e, inoltre, che nessun professore ucraino ha mai collaborato alle attività accademiche dei due centri.

Sconcerto e indignazione: il fronte cinese è compatto nel respingere al mittente le accuse americane. Google.cn, nel frattempo, sarebbe poco alla volta tornato alle normali attività censorie rispettose delle imposizioni del regime cinese. La diatriba nata in ambito aziendale, quindi, è ormai perlopiù spostata su di un piano diplomatico con le parti a lanciarsi accuse reciprocamente e con i gruppi fermi alla medesima situazione precedente all’attacco a Google.

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