Uno dei modelli principali e più diffusi adottati in rete per giustificare economicamente la propria presenza in rete in chiave business è il cosiddetto modello “lead generation“, ossia l’acquisizione di contatti qualificati, riferimenti di potenziali clienti da contattare successivamente, via email o telefonicamente per finalizzare l’acquisto.
Secondo la tassonomia proposta da Eric T. Peterson, uno dei padri della Web Analytics e da me ripresa nel mio libro, gli altri 3 modelli di revenue online sono: e-commerce, customer-service (risparmio di costi di assistenza, call-center grazie al web self-service) e media-content (basato sulla vendita di spazi adv. online, ad appannaggio di siti a grande traffico). Ma torniamo al modello lead generation e cerchiamo di capire come lo possiamo ottimizzare.
Un punto da considerare è che il processo di lead generation appartiene a due funzioni distinte: il marketing responsabile di acquisire il contatto e le vendite responsabile di tradurre il contatto in cliente. Con quali criteri possiamo quindi considerare un lead, risultato di un’operazione di marketing, un buon lead, al punto da passare il contatto al reparto Vendite, in ottica di ottimizzazione dell’intero processo?
E quali invece dovrebbero rimanere al marketing, per un’eventuale ulteriore azione di marketing online?
Forse non più del 15% del totale dei lead acquisiti, che le vendite potrebbero coinvolgere ed immettere subito nel loro ciclo di vendita.
Il punto in sostanza è come condividere obiettivi e criteri di classificazione di Lead pronti o “hot lead” come si suole dire, tra le due funzioni. Tali criteri dipendono anche dal livello di maturità del mercato e del settore di riferimento; per un mercato giovane, in espansione, il compito dell’azione commerciale non è infatti solo quella di vendere ma anche di spiegare il prodotto, far emergere la consapevolezza del bisogno, è per lo più ancora latente, prerequisito per favorire l’acquisto, educare o evangelizzare.
Premesso questo, acquisire contatti qualificati online, per esempio mediante l’iscrizione ad una newsletter, presuppone un incentivo che potrebbe essere personalizzato in base al comportamento online del visitatore sul nostro sito; non il solito white paper o trial gratuito per un mese del vostro applicativo software online ma qualcosa di più evoluto: per esempio offerte di servizi e contenuti personalizzati in base agli interessi mostrati dal visitatore su particolari prodotti o contenuti del nostro sito; se un visitatore ritorna frequentemente a leggere la descrizione di quel particolare software o prodotto, forse potremmo proporgli di entrare in chat con un operatore live esperto utilizzatore di quel software, oppure lasciare la propria email e riferimenti per ottenere maggiori info sul prodotto stesso o alcuni case studies di successo.
Ecco, a mio avviso, applicare la personalizzazione basata sulla segmentazione contestuale (dove mi trovo ora, in quale sezione del sito) e comportamentale (quali pagine ho finora visitato, con quale sequenza e scopo), potrebbero essere delle chiavi vincenti da applicare non solo all’advertising online ma anche alla lead generation online.
Cosa ne pensate? Ottimizzereste il processo di lead generation sul vostro sito, tenendo conto del livello di maturità del vostro mercato e del livello di segmentazione della vostra target audience online? Naturalmente tutto questo può avere senso nel caso di presenza di segmenti e servizi differenti; se vendete un solo prodotto ad un unico target (non è vero e non ci credo, non è quasi mai così, se non in regimi di monopolio) forse non ne vale troppo la pena..