L’Istituto europeo di tecnologia ancora non è partito e già è motivo di scontro. È al vaglio infatti una proposta volta a posticiparne la creazione a favore di una fase di test che coinvolga almeno due o tre progetti preliminari.
Secondo la prima idea l’istituto più che una sede unica deve essere un modo di connettere e favorire la comunicazione tra enti e università, una coordinazione a livello europeo che favorisca lo studio e lo sviluppo di progetti che interessino una determinata area (decisa a monte dall’unione). Ora invece si vorrebbe iniziare con dei progetti di prova che servano a testare le comunicazioni e la spartizione di responsabilità e doveri all’interno della struttura coordinativa.
Inoltre molto si sta ponendo l’accento sul concetto di innovazione che andrebbe anche aggiunto al nome dell’istituto. Sarebbe infatti proprio l’innovazione la carta in cui l’Europa è più deficitaria e dunque quella sulla quale sarebbe più opportuno puntare, anche a partire dal nome. «L’innovazione è il tallone d’Achille dell’Europa» sostiene il finlandese Reino Paasilinna a PcPro: «il nostro obiettivo principale dovrebbe essere aumentare la nostra capacità d’innovazione. Abbiamo bisogno di più innovazione in Europa per rimanere globalmente competitivi nel futuro e garantire una crescita dei lavori. L’istituto può aiutarci a raggiungere quest’obiettivo».
Nonostante dunque l’entusiasmo iniziale e la voglia di creare qualcosa che effettivamente possa incanalare nella miglior direzione possibile gli sforzi europei, rimangono delle perplessità e una diversità di prospettive rispetto alla strutturazione: «abbiamo comunque delle riserve sul fatto che quanto è stato proposto sia la maniera migliore per assicurare che i progetti intrapresi siano poi anche commercialmente di successo» ha detto la baronessa Thomas Wallisword capo della camera dei Lord della commissione del parlamento europeo: «è vitale che il business sia coinvolto in maniera pesante nell’EIT (European Institute of Technology), e come comitato, sentiamo che assicurare la presenza del mondo degli affari debba essere il centro degli sforzi europei».